Edoardo Volpi Kellermann

La Musica nella Terra di Mezzo


La Musica nella Terra di Mezzo


Tolkien rielaboratore di miti

La lettura delle opere di Tolkien riesce a far risuonare in noi corde interiori, a risvegliare sensazioni ed emozioni dimenticate, profondamente radicate nel nostro animo, che riprendono vita come in una primavera dello spirito: le radici profonde non gelano 1.

Ma di quali corde si tratta?

I libri di Tolkien da decenni si diffondono nel mondo indipendentemente dalle mode del momento, dalle ideologie, dalle critiche più o meno mirate, dalle classifiche più o meno pilotate. Essi rispondono a un bisogno diffuso di vedere oltre l'aridità della realtà quotidiana (o meglio, oltre l'aridità della nostra percezione di essa), di riscoperta del senso del meraviglioso. "Il reame della fiaba è ampio, profondo ed eminente, pieno di molte cose: vi si possono reperire animali terrestri e alati d'ogni specie; vi sono mari sconfinati e miriadi di stelle, una bellezza che incanta e pericoli sempre in agguato; e la gioia e il dolore vi sono affilati come spade 2". Inoltre, in tutte le sue opere troviamo mirabilmente espressi i valori dell'amicizia, dell'impegno, del sacrificio, del coraggio; valori umani e autentici, non legati a una particolare tradizione o contesto storico.

Da una parte la multi-dimensionalità spaziotemporale della Terra di Mezzo, la percezione di muoverci in un vero e proprio universo creato, o meglio sub-creato, come direbbe Tolkien stesso
3, con meticolosa cura ed amore, ci cattura e ci affascina; dall'altra la profondità morale dei personaggi e degli avvenimenti ci commuove e ci avvince. Eppure questi non sono che aspetti esteriori dell'opera tolkieniana, non cause ma conseguenze di una matrice più profonda e basilare.

Tolkien rielabora gli antichi miti, che sono storicamente portatori di insegnamenti e valori (anche se lui stesso più volte afferma di non avere avuto alcun intento moralistico, né tantomeno di aver creato un'allegoria, forma letteraria ben distante da quelle che lui amava 4), recupera e riporta a nuova vita i racconti e le atmosfere che, direttamente o indirettamente, permeano il nostro immaginario.

Getta così un ponte culturale fra tradizione e modernità, permettendoci di ritrovare il contatto con le nostre radici indoeuropee. Ci parla di archetipi che formano il nostro humus culturale fin dall'infanzia, presentandoceli con la lucidità di pensiero e la profondità di analisi proprie di un uomo della nostra epoca.

Quella di Tolkien può essere considerata mitologia autentica, non solo perché fa ormai parte dell'immaginario collettivo di milioni di persone in tutto il mondo; è autentica nel senso che, come ogni buona mitologia, parla di cose assolutamente reali, anche se le sue vicende si svolgono in un tempo storicamente inesistente e in un "mondo secondario", come lo stesso autore lo definisce: "È un reame che contiene molte altre cose accanto a elfi e fate, oltre a gnomi, streghe, Trolls, giganti e draghi: racchiude i mari, il sole, la luna, il cielo, e la terra e tutte le cose che sono in essa, alberi e uccelli, acque e sassi, pane e vino, e noi stessi, uomini mortali, quando siamo vittime di un incantesimo 5."

Nella creazione della Terra di Mezzo, come evidenzia un approfondito saggio dell'archeologo, antropologo e storico delle religioni Mario Polia
6, riscopriamo le fasi del mito cosmogonico tradizionale. E nel suo sviluppo, come ci fa notare lo psicologo e saggista Adolfo Morganti 7, ritroviamo le radici culturali e i valori morali dell'epica medioevale e cavalleresca nella loro accezione migliore.

In più, è una mitologia dei nostri tempi, scritta da un uomo dei nostri tempi, e questo ce la rende sia più accessibile che più cara.

Quando leggiamo un'opera come l'Orlando Furioso, o l'Odissea, oppure ascoltiamo musica sacra del Cinquecento o una sinfonia di Mozart, ne percepiamo il genio e la bellezza (sempre che siamo capaci di entrare in sintonia col linguaggio utilizzato); ma percepiamo anche che sono state scritte in epoche diverse dalla nostra, dove il pensiero seguiva altri percorsi e l'espressione artistica rispondeva a canoni e schemi che oggi sono stati spesso superati, ampliati, relativizzati. Questo non ci impedirà comunque di apprezzarli ed amarli, come Tolkien stesso amava profondamente quelle opere cui si è ispirato: l'Edda di Snorri e l'Edda poetica, Il Kalevala, Sir Gwain and the Green Night, il Beowulf e tutta la tradizione cavalleresca medioevale (altri prima di me hanno analizzato con più profondità e competenza tali radici).

Senza l'amore e lo studio di quanto è stato scritto prima di noi, come possiamo pretendere di scrivere qualcosa di nuovo?

Questo intenso bisogno di creare attraversa indenne tutta la vita di Tolkien, dai primi appunti sulle lingue elfiche quando era studente 8 fino alla iscrizione "Beren e Luthien" fatta incidere sulla tomba sua e di sua moglie 9. E la sua passione per i linguaggi si è nel tempo naturalmente evoluta nella necessità, profondamente sentita dall'autore, di dotare l'Inghilterra di una sua mitologia indoeuropea, di cui avvertiva la mancanza, in quanto lo stesso ciclo di Re Artù è di derivazione normanna.

Riesce così a gettare un ponte ideale fra lo spirito e i valori di quelle antiche culture che tanto lo affascinavano e le nuove generazioni. Scriveva nel 1951 a Milton Waldman, della casa editrice Collins:

"Non ridere! Ma una volta [...] avevo in mente di creare un corpo di leggende più o meno legate, che spaziasse dalla cosmogonia, più ampia, fino alla fiaba romantica, più terrena, che traeva il suo splendore dallo sfondo più vasto - da dedicare semplicemente all'Inghilterra, alla mia terra.

Avrebbe avuto il tono e le caratteristiche che io desideravo, di freddezza e di chiarezza, avrebbe profumato della nostra «aria» [...] e, pur possedendo (se ci fossi riuscito) quella bellezza sfuggente che alcuni chiamano celtica (benché sia difficile trovarla nella antiche cose veramente celtiche), sarebbe stata «elevata», purgata da ogni volgarità, e adatta allo spirito adulto di una terra da tempi lontani impregnata di poesia [...] 10."

Resta da capire se l'implicita affermazione di non essere riuscito in tale intento fosse una sorta di "falsa modestia" o una vera e propria sottovalutazione della propria opera (propendo per un misto fra la prima e la seconda ipotesi). Mi ha particolarmente colpito l'affermazione fra parentesi che ho sottolineato, in quanto rispecchia parte delle tesi che porto avanti in questo mio scritto.

Non è quindi un caso che Lo Hobbit, nato come racconto per i suoi figli, si svolga nella stessa terra dove risiedono i popoli elfici e si odono gli echi delle antiche leggende; e che il più ampio e maturo Signore degli Anelli ne sia stata la naturale evoluzione, in un crescendo di collegamenti alla cosmogonia del Silmarillion.

Donandoci la Terra di Mezzo, Tolkien ha reso tutti noi un poco suoi figli.


Il ruolo della musica nella cosmogonia tolkieniana

Tolkien, concependo la Terra di Mezzo, ha creato un enorme affresco ricco di particolari, un intero mondo con la sua storia e geografia, i suoi popoli e i relativi linguaggi.

È significativo che proprio dai linguaggi sia nata quest'opera ciclopica, dalla passione dell'autore per il suono e la musicalità dell'antico Norvegese, del Gallese, dell'Anglosassone, che sfociò nella creazione degli idiomi elfici 11.

Non essendo Tolkien un musicista, non esistono descrizioni degli stili e degli strumenti musicali utilizzati dai popoli della Terra di Mezzo paragonabili alla cura quasi maniacale con la quale vengono riportati gli alfabeti, i fonemi e le relative pronunzie. Eppure l'universo tolkieniano è particolarmente ricco di musica, anzi viene creato con la musica: nell'Ainulindalë, primo racconto del Silmarillion,

"Esisteva Eru, l'Uno, che in Arda è chiamato Ilúvatar; ed egli creò per primi gli Ainur, i Santi, rampolli del suo pensiero, ed essi erano con lui prima che ogni altro fosse creato. Ed egli parlò loro, proponendo temi musicali; ed essi cantarono al suo cospetto, ed egli ne fu lieto [...] E accadde che Ilúvatar convocò tutti gli Ainur ed espose loro un possente tema, svelando cose più grandi e più magnifiche di quante ne avesse fino a quel momento rivelate; 12"

Tolkien per primo quindi riconosce l'importanza fondamentale del linguaggio musica all'interno della sua cosmogonia. E altrimenti non poteva essere, visto come tutte le mitologie della nascita del mondo sono pregne dell'elemento sonoro e musicale: il Canto degli Dei che trasforma il vuoto-non-vacuo in manifestazione del Verbo Divino 13.

La Terra di Mezzo: una lettura filologico-musicale

L'opera di Tolkien trae gran parte del suo fascino dalla possibilità di lettura a più livelli.

Un libro come Il Signore degli Anelli viene apprezzato dal quindicenne che vi trova avventura appassionante ed eroi dotati di spessore umano; dallo studioso di mitopoietica che vi scopre con piacere la profonda rielaborazione dei temi classici; dal filologo che ne apprezza la ricercatezza nella prosa e nella creazione dei nomi e dei linguaggi; dal libero pensatore che trova in esso una luce di verità in un mondo in apparente decadenza; dallo psicologo e dal filosofo che trovano in esso materia prima per la rielaborazione dei valori primari e di una morale autentica ed a-temporale; dal creatore di immagini che trova in esso un'infinita fonte d'ispirazione.

E il musicista, il compositore?

Anche la presenza della musica nell'opera di Tolkien è ravvisabile a molteplici livelli, che spesso s'intersecano e si fondono ma che è tuttavia possibile analizzare: nei canti e nelle poesie, nei personaggi, nell’azione drammatica, nei luoghi.

I canti e le poesie

Presenti in gran numero soprattutto nel Signore degli Anelli, costituiscono un intermezzo nella storia talvolta non gradito ai patiti dell'avventura galoppante, eppure contribuiscono in modo essenziale al senso di profondità spaziale e temporale, al fascino comunicato dall'antichità e solennità del mondo in cui si svolgono gli avvenimenti.

Recuperando in chiave moderna il ruolo dell'antico cantore, dell'Aedo come afferma Mario Polia nel suo intervento all'Hobbiton 9 14, Tolkien reintroduce la musica della parola all'interno della sua prosa, restituendole così il suo ruolo di amplificazione delle emozioni e delle sensazioni.

Già dal breve canto di Frodo nel capitolo 3 15 è possibile coglierne la forza evocativa :

The Road goes ever on and on
Down from the door where it began.
Now far ahead the Road has gone,
And I must follow, if I can,
Pursuing it with eager feet,
Until it joins some larger way
Where many paths and errands meet.
And whither then? I cannot say.

La via prosegue senza fine
Lungi dall’uscio dal quale parte.
Ora la Via è fuggita avanti,
Devo inseguirla ad ogni costo
Rincorrendola con piedi alati,
Sin all’incrocio con una più larga
Dove si uniscono piste e sentieri.
E poi dove andrò? Nessuno lo sa.”

Passando poi per episodi di puro divertimento come la canzone eseguita alla Locanda del Puledro Impennato 16

" There is an inn, a merry old inn
beneath an old grey hill,
And there they brew a beer so brown
That the Man in the Moon himself came down
one night to drink his fill.
The ostler has a tipsy cat
that plays a five-stringed fiddle;
And up and down he runs his bow,
Now squeaking high, now purring low,
tnow sawing in the middle.
[...]

C’è una locanda, un’allegra locanda,
Sotto un vecchio colle grigio,
Ove la birra è così scura,
Che anche l’Uomo della Luna
È sceso un giorno a berne un sorso.
Lo stalliere ha un gatto brillo,
Che suona un violino a tre corde;
Su e giù scorre l’archetto,
Stridulo a volte, a volte cheto,
Ed a volte solo un trillo.[...] ”

Fino alla profonda, dolcissima, malinconica atmosfera dell'ann-thennath di Beren e Lúthien cantato da Aragorn nel capitolo XI 17

The leaves were long,
[ the grass was green,
The hemlock-umbels tall and fair,
And in the glade a light was seen
Of stars in shadow shimmering.
Tinúviel was dancing there
To music of a pipe unseen,
And light of stars was in her hair,
And in her raiment glimmering.
There Beren came from mountains cold,
And lost he wandered under leaves,
And where the Elven-river rolled
He walked alone and sorrowing.
He peered between the hemlock-leaves
And saw in wander flowers of gold
Upon her mantle and her sleeves,
And her hair like shadow following.
[...]

Lunghe eran le foglie e l’erba era fresca,
E le cicute ondeggiavano fiorite e belle.
Una luce brillava nella foresta,
Era tra le ombre un luccicar di stelle.
Tinúviel ballava nella radura,
Di un flauto nascosto alla musica pura;
Una luce di stelle le inondava i capelli
E la splendida veste, oh Tinúviel!
Lì giunse Beren dal monte imponente
E tra le fronde e gli alberi
[ vagabondò disperso,
E dove il fiume elfico scorre turbolento
Camminò solitario ed in pensieri immerso.
Guardando tra le verdi foglie delle foreste,
Vide con meraviglia dalie dorate
Ricoprir il manto e la lunga veste
E la capigliatura bionda come cascate.


Il potere della parola in musica: Tom Bombadil

Discorso a parte merita l'episodio dell'incontro con Tom Bombadil e Baccador. Per nulla necessario allo svolgimento della storia dell'Anello (tanto che Peter Jackson lo ha tranquillamente eliminato dalla trama del film), è invece fondamentale nel portare a maturazione l'atmosfera dell'opera letteraria.

Sono diverse le interpretazioni di questo passaggio presentate dagli studiosi 18.
In questa sede non intendo sposarne una in particolare, ma solo evidenziare come l'incontro dei quattro Hobbit col Messere della Foresta e con la Figlia del Fiume costituisca un punto di svolta fondamentale nella forza evocativa del Signore degli Anelli.

Il romanzo inizia in un'atmosfera che ricorda da vicino Lo Hobbit, libro scritto con un tono intenzionalmente più "per ragazzi" come lo stesso Tolkien avrebbe (in parte con rammarico) ammesso più tardi 19; questo nonostante già si respiri un'aria diversa fin dai primi capitoli.

Vi sono dei crescendo, per utilizzare una terminologia musicale, che partono dalla Festa per il compleanno di Bilbo fino alla presa di coscienza del pericolo da parte di Frodo, quindi dall'inizio del viaggio fino al primo incontro con i Cavalieri Neri e con gli Elfi.

Oltre la Vecchia Foresta però incontriamo qualcosa di totalmente nuovo e fondamentale: delle forze primeve della natura, forze cortesi e creative che interagiscono benevolmente con i protagonisti (dopo averli salvati da una forza naturale possessiva e distruttiva: l'Uomo Salice), i quali, insieme al lettore, ne rimangono rapiti.

Gli Hobbit la guardavano estasiati e lei li guardò uno per uno e sorrise. « Dolce dama Baccador! », osò infine dire Frodo, sentendosi profondamente turbato e commosso da una gioia inspiegabile. Aveva provato a volte una sensazione simile, incantato dalla dolce voce degli Elfi; tuttavia questo sortilegio era diverso: un piacere meno nobile e meno intenso, ma più profondo e umano penetrava fino in fondo al cuore, meraviglioso eppure non misterioso. « Dolce dama Baccador! », disse nuovamente. « Ora capisco da dove veniva la gioia nascosta nelle canzoni che udivamo!

O slender as a willow-wand!
[ O clearer than clear water!
O reed by the living pool!
[ Fair River-daughter!
O spring-time and summer-time,
[ and spring again after!
O wind on the waterfall,
[ and the leaves' laughter!».

Esile più di un salice!
[ Più limpida dell’acqua! Più brillante di un lume!
O giunco chinato sul lago!
[ O dolce Figlia del Fiume!
Tu sei estate e primavera,
[ e poi nuovamente estate!
Tu delle fronde le risa,
[ e brezza sulle cascate!
20

Fino a raggiungere uno stato di benessere tale da sconfinare nell'estasi:

Il pasto fu lungo e gioioso, e benché gli Hobbit divorassero come soltanto uno Hobbit affamato sa divorare, c’era di tutto in abbondanza. La bevanda che empiva le loro ciotole pareva acqua fresca e pura, e tuttavia li inebriò come vino, dando loro voglia di cantare. Gli ospiti si accorsero improvvisamente che il canto sgorgava spontaneamente dalle loro labbra, quasi fosse più semplice e naturale cantare che parlare 21.”

Qual è lo stato d'animo che rende l'espressione attraverso il canto e la musica più naturale del linguaggio parlato se non l’intensa gioia derivante dal profondo e armonioso contatto con la Natura, quindi con il Mondo Esteriore che si specchia ed allo stesso tempo è riflesso del nostro Mondo Interiore? Non è forse questo canto che sgorga spontaneo dal nostro cuore un'eco di quel Grande Canto da cui il mondo è stato creato?

Da dove nasce la melodia musicale, elaborata o meno che sia, se non dal canto?

Tom Bombadil, il Messere, è colui che combatte l'oscurità utilizzando il potere benefico del canto e, quindi, della musica: prima fermando il Vecchio Uomo Salice che intendeva schiacciare gli Hobbit, quindi disperdendo lo Spettro dei Tumuli dopo che anch'esso, attraverso un canto, - ma un canto malvagio, abietto, disperato: una Morbosa Illusione 22 - avrà cercato di far perdere loro per sempre il calore della vita.

Tom, Maestro del Canto Naturale e Baccador, Maestra della Grazia e della Danza, infondono forza e coraggio agli Hobbit, li rifocillano e permettono loro di riposare dalle prime fatiche e dai primi pericoli del viaggio; così grandi rispetto alla tranquilla e paciosa vita all'interno della Contea, ma ben poco rispetto a quello che ancora li aspetta.

E, prima della partenza, cosa insegna Tom ai nostri eroi, forse presagendo l'ulteriore prova iniziatica che li aspetta nel tumulo, quale arma fornisce loro contro ciò che la spada o la freccia non possono combattere, lo spettro, l'essenza stessa del male (la mancanza di vita, di luce, l'assenza di gioia di vivere)? Un canto. Un canto che ha sì lo scopo di chiamare Tom Bombadil in loro soccorso, ma che prima di tutto serve, nel momento più oscuro, a rimetterli in contatto con quella luce interiore, a riconciliarli con quella forza vitale che è contenuta in ognuno e grazie alla quale si possono affrontare le situazioni più disperate (tema così caro e frequante nella letteratura tolkieniana).

Frodo cadde in avanti su Merry, la cui faccia era gelida. Tutt’a un tratto gli tornò alla mente, dopo che la nebbia e l’angoscia l’avevano cacciato via, il ricordo della casa ai piedi del Colle, e di Tom cantante e salterellante. Si rammentò della strofa che Tom aveva insegnato loro.

Con un filo di voce disperata intonò il motivo: Oh! Tom Bombadil! e, pronunziando quel nome, parve rinvigorirsi e il suo canto divenne pieno e vivace, facendo rimbombare la stanza come un suono di tamburo o di tromba.

Ho! Tom Bombadil, Tom Bombadillo!
By water, wood and hill,
[ by the reed and willow,
By fire, sun and moon,
[ harken now and hear us!
Come, Tom Bombadil,
[ for our need is near us!».

Oh! Tom Bombadil, Tom Bombadillo!
Nell’acqua, bosco e colle
[ tra il salice e il giunchiglio
Con fuoco, sole e luna,
[ ascolta il mio richiamo!
Vieni, Tom Bombadil,
[ del tuo aiuto abbisognamo! 23

Nello stesso modo, un canto di speranza, centinaia di pagine dopo, permetterà a Sam di risolvere una situazione altrettanto nera e senza apparente via d'uscita, liberando Frodo prigioniero nella Torre di Cirith Ungol. Così come un canto di gioia suggellerà, nella Bianca Cittadella di Minas Thirit, la definitiva vittoria sul Signore del Male.

E prima che il Sole fosse tramontato, giunse volando da est una grande Aquila, recando insperate notizie dei Signori dell’Ovest, e gridando:

Sing now, ye people of the Tower of Anor,
for the Realm of Sauron is ended for ever,
and the Dark Tower is thrown down.
Sing and rejoice, ye people
[ of the Tower of Guard,
for your watch hath not been in vain,
and the Black Gate is broken,
and your King hath passed through,
and he is victorious.
Sing and be glad, all ye children
[ of the West,
for your King shall come again,
and he shall dwell among you
all the days of your life.
And the Tree that was withered
[ shall be renewed,
and he shall plant it in the high places,
and the City shall be blessed.

Sing all ye people!
And the people sang in all the ways
[ of the City.

Cantate ora, gente della Torre di Anor,
perché il Regno di Sauron
[ è finito per sempre,
e la Torre Oscura è crollata.
Cantate e gioite, gente
[ della Torre di Guardia,
perché non fu vana l’attesa,
e il Cancello Nero è spezzato,
e il vostro Re l’ha varcato,
ed egli è vittorioso.
Cantate e godete, tutti voi
[ figli dell’Ovest,
perché il vostro Re tornerà,
e in futuro in mezzo a voi vivrà
tutti i giorni della vita.
E l’Albero appassito rifiorirà,
ed egli nei luoghi alti lo pianterà,
e benedetta sarà la Città.
Cantate quindi, o gente!
E la gente cantò
[ in tutte le strade della Città
.” 24


La musica nell’azione drammatica

Il viso del nemico non era rivolto verso di lui, e tuttavia osava appena muoversi per il terrore che lo sguardo micidiale cadesse su di lui. Incominciò pian piano a strisciare da una parte; mentre il Capitano Nero considerava, dubbioso e malvagio, la donna che gli si ergeva innanzi, e Merry non era per lui che un verme nel fango.

Ad un tratto l’orrida bestia batté le ali, e il loro vento era fetido. Quindi s’innalzò di nuovo in aria per poi piombare rapida su Éowyn, urlando e avventandosi con il becco e le grinfie.

Ma ella rimase immobile: fanciulla dei Rohirrim, figlia di re, esile ma come una lama d’acciaio, bella eppure terribile. Vibrò un abile colpo, rapido e micidiale. Squarciò il collo teso e la testa decapitata cadde come un sasso. Con un balzo Éowyn indietreggiò mentre l’enorme massa crollava accasciandosi per terra con le ali aperte; e mentre cadeva, l’ombra scomparve. La luce la circondò e i suoi capelli brillarono al sole sorgente.25

Come non sentire, nell’intensità di momenti letterari talmente elevati, che la prosa diventa tutt’uno con la poesia e quindi con la musica?

E che la musica sembra scaturire fra le parole, come una sorgente fra le rocce?

Allora [Éomer] guardò i caduti, rammentando i loro nomi. Poi ad un tratto vide Éowyn, sua sorella, e la riconobbe. Fu come se una freccia l’avesse trafitto al cuore; il suo viso divenne bianco come la morte e in lui si levò una gelida furia che lo rese muto per qualche tempo. Un sentimento di morte s’impadronì di lui.

« Éowyn, Éowyn! », gridò infine. « Éowyn, come sei giunta tu sin qui? Quale follia o diabolico artifizio è questo? Morte, morte, morte! Che la morte ci prenda tutti! ».

Poi senza attendere oltre, né aspettare l’arrivo degli uomini della Città, si lanciò a capofitto contro l’avanguardia dell’esercito nemico, e soffiando nel corno ordinò la carica. Su tutto il campo si udì la sua limpida voce gridare: « Morte! Galoppate, galoppate verso la rovina e la fine del mondo! ».

E con queste parole l’esercito balzò in avanti. Ma i Rohirrim più non cantavano. Morte, gridavano con un’unica voce forte e terribile, e prendendo velocità come un’immensa marea spazzarono tutto ciò che circondava il loro re caduto e passarono come un turbine ruggendo verso sud. 26

Queste punte scintillanti della prosa tolkieniana, nei momenti più elevati di stile epico all’interno dell’opera, sono come stelle ancora più fulgide nel firmamento della narrazione e, fin dalla prima lettura, mi colpirono e mi commossero profondamente.

Col tempo mi sono accorto che il “crescendo” emozionale evocato da questi passaggi letterari era esattamente lo stesso che provavo nell’ascolto di particolari passaggi musicali, come ad esempio (quanto è difficile trasmetterlo sulla carta!) la breve ma intensa Overture del Guglielmo Tell di Puccini – chi è abbastanza “saggio” ricorderà la sigla di apertura dei programmi RAI nei primi anni ‘70 - oppure il commovente richiamo del tema principale dopo il temporale nella Sinfonia Pastorale di L.v.Beehtoven, o ancora il magnifico crescendo finale de I Pini di Roma di Ottorino Respighi.

[Saruman] Si voltò e lasciò il balcone.

« Ritorna, Saruman! », disse Gandalf con tono perentorio. Con enorme stupore gli altri videro Saruman voltarsi di nuovo verso di loro e, come trascinato contro la propria volontà, avvicinarsi alla ringhiera di ferro e appoggiarvisi respirando affannosamente. Il suo viso era segnato e appassito. La mano che stringeva il pesante bastone nero pareva un artiglio.

« Non ti ho dato il permesso di andartene », disse Gandalf aspramente. « Non ho finito. Sei diventato uno stolto, Saruman, eppur pietoso. Avresti potuto abbandonare follia e malvagità ed essere utile a qualcosa. Ma hai scelto di rimanere, rimuginando sulla fine dei tuoi vecchi intrighi. Resta dunque! Ma ti avverto, non ti sarà facile trovare un’altra via d’uscita. A meno che le oscure mani dell’Est non si allunghino esse stesse per afferrarti e trascinarti via. Saruman! », gridò, ed il potere e l’autorità della sua voce aumentarono ancora. « Osserva, io non sono Gandalf il Grigio che tu tradisti. Sono Gandalf il Bianco, ritornato dalla morte. Ora tu non hai più colore, e io ti espello dall’ordine e dal Consiglio ».

Levò la mano, e parlò con voce limpida e fredda. « Saruman, il tuo bastone è rotto ». Si udì uno schianto e il bastone si spezzò nella mano di Saruman; l’impugnatura cadde ai piedi di Gandalf. « Va’! », disse questi. Con un grido Saruman scomparve e strisciò via. 27

Ognuno di noi ha avuto modo di provare quel particolare brivido che scorre lungo la schiena all’ascolto di musiche, quale che sia il loro stile o epoca, che corrispondono alla nostra particolare sensibilità, e molti di noi lo hanno provato durante la lettura di Tolkien, che ha questo dono, insieme a (pochi) altri autori di letteratura: il dono dell’Aedo, del narratore, colui che ci incanta con la potenza della storia narrata, che si fa musica essa stessa. Ecco allora che la parola scritta si sublima in suoni inaudibili alle orecchie, ma che arrivano dritti al nostro cuore.


La musica nei luoghi

Frodo rimase solo per qualche tempo, poiché Sam si era addormentato. Si sentiva solitario e quasi abbandonato, benché la gente di Gran Burrone fosse riunita tutt’intorno a lui. Ma coloro che gli stavano vicini erano silenziosi, rapiti dalla musica di voci e strumenti, e non badavano ad altro. Frodo si mise ad ascoltare.

Sulle prime la bellezza delle melodie intrecciate alle parole di lingua elfica lo avvolse come un incantesimo, benché egli non capisse molto di ciò che veniva cantato.

Ciò nonostante pareva quasi che le parole prendessero corpo e gli rivelassero visioni di terre lontane e cose luminose che non aveva mai in vita sua immaginate; e il salone illuminato dal fuoco non fu più che una nebbia dorata su mari di schiuma che sospiravano ai margini del mondo. Poi il sortilegio si fece sempre più simile ad un sogno ed egli ebbe l’impressione che un fiume interminabile d’oro e d’argento si espandesse, ricoprendolo, troppo immenso per poterne discernere i contorni; diventò parte dell’aria vibrante intorno a lui, lo intrise e lo affogò. Sotto quel peso luminoso affondò nel profondo regno del sonno 28.

Esistono luoghi della Terra di Mezzo, così come nella nostra realtà (sempre meno purtroppo, grazie alla stupidità umana), dove ancora rimane avvertibile il canto primevo dal quale nacque l’Universo, quella armonia universale con la quale gli elfi soprattutto riescono ad essere in perenne risonanza. Ma cosa sono gli elfi di Tolkien dopotutto, se non la rappresentazione delle nostri parti migliori, più pure e più nobili? Non a caso la loro attività principale è il canto e nutrono un amore sfrenato per la musica, e i posti in cui vivono ne risuonano sempre, anche in loro assenza.

La mattina era ancora giovane e fredda quando la Compagnia si rimise in marcia, guidata ora da Haldir e da suo fratello Rúmil. « Addio, dolce Nimrodel! », gridò Legolas. Frodo voltandosi scorse un bagliore di bianca spuma fra i fusti degli alberi. « Addio », disse. Gli parve che mai più avrebbe udito fluire acque così belle, dall’eterno fondersi di innumerevoli note in una musica sempre cangiante. 29

I luoghi elfici come Granburrone e Lothlorien sono essi stessi impregnati di musica udibile o inaudibile, esteriorizzata o interiore.

Ben diversa la musica che si respira a Moria, dove nonostante la presenza degli orchi si riesce ancora ad avvertire l’eco della solenne, cupa, grandezza della civiltà dei nani; ed è incredibile, a pensarci bene, come Tolkien riesca a trasmettercelo con pochi tocchi, quasi da impressionista, senza abbondare in descrizioni.

[Gandalf] Alzò il suo bastone, e per un breve istante vi fu una vampata simile ad un lampo. Delle grandi ombre spiccarono il volo, e per un secondo essi scorsero un ampio soffitto sulle loro teste, sostenuto da molte possenti colonne di pietra. Avanti a loro e da ambedue le parti, si estendeva un immenso salone vuoto; le pareti nere, lucide e lisce come vetro, scintillarono e lampeggiarono. Videro tre altri ingressi, cupi archi neri: uno dritto innanzi a loro ad oriente, gli altri sulle pareti laterali. Poi la luce si spense. 30

E infine, ma non certo per ordine di importanza, la bianca cittadella ideale, baluardo di Gondor davanti alla potenza oscura e terribile di Mordor.

Ultimo dei Monti Bianchi dell’Ered Nimrais, Pipino vide, come promesso da Gandalf, la cupa massa del Monte Mindolluin, le ombre viola e profonde delle sue alte valli, la sua imponente figura rischiarata dal sorgere del giorno. Sopra una propaggine sporgente s’innalzava la Città Protetta, con le sue sette cerchie di mura, così antiche e possenti che non parevano costruite, ma scolpite da giganti nell’ossatura del mondo.

Sotto lo sguardo meravigliato di Pipino le grigie mura volgevano al bianco, macchiandosi del pallido rossore dell’alba. Il sole, improvvisamente emerso dalle ombre orientali, proiettò il suo raggio sul volto della Città. Allora Pipino gridò di stupore, perché la Torre di Ecthelion, che s’innalzava entro la cerchia interna, sfavillò nel cielo come una cuspide d’argento e perle, slanciata e splendente, e il suo pinnacolo brillò come cristallo sfaccettato; bianchi vessilli svolazzavano dalle torri merlate alla brezza del mattino, e lontano si udì come un limpido squillare di trombe d’argento. å

In questo caso preferisco che sia la musica a parlare per me.

Canto del mattino è un mio breve brano musicale, ispirato all’antico Rito dell’Aurora di Minas Thirith. Lo potete scaricare su Internet da questa pagina; il file si chiama Canto.sitx 32 e contiene sia la musica, in formato MP3, che un breve documento illustrativo in formato PDF.


La Musica della Terra di Mezzo: una proposta stilistica

"Chi è in grado di disegnare una nuova foglia? Non è forse vero che i moduli, dalla gemma allo sboccio, e i colori, dalla primavera all'autunno, sono stati tutti scoperti dagli esseri umani molto tempo fa? Pure, non è così. Il seme dell'albero può essere ripiantato in quasi ogni terreno [...] Ovviamente la primavera non è meno bella perché abbiamo visto o udito di eventi simili: simili, ma, dal principio alla fine del mondo, mai gli stessi 33".

In musica tutti i temi, tutte le melodie sono state composte; le sette note della scala tonale e le dodici della scala temperata cromatica sono state poste in tutte le possibili relazioni orizzontali e verticali, in tutte le sequenze ritmiche immaginabili. Se questo non è un dato di fatto, ormai ci siamo molto vicini, almeno per quanto concerne il nostro sistema tonale occidentale.

Questo significa allora che tutta la musica è stata scritta?

Non credo: o almeno, così non è se non analizzandola dal solo punto di vista logico-formale. Quando frequentavo la classe di composizione del Maestro Mauro Bortolotti presso il conservatorio S. Cecilia di Roma, talvolta i miei compagni di corso mi dicevano, con aria leggermente saputa, "Ma come? Usi ancora la melodia e l'armonia per le tue composizioni? Sono schemi superati".

Francamente non mi ero mai posto il problema e ne rimasi un poco ferito, umiliato. Ero forse un dinosauro in un mondo di astronavi? Mai però un commento di questo tipo mi arrivò dal Maestro. Piuttosto, mi incitava ad approfondire e rendere il più possibile evidente il processo compositivo, a elaborare e rielaborare ogni singolo passaggio, a rimettermi continuamente in discussione. Mai un giudizio sul mio stile personale: solo dopo qualche anno compresi quanto ciò sia stato significativo nella mia evoluzione artistica, quanto prezioso sia stato questo insegnamento.

Oggi assistiamo, in molti importanti compositori contemporanei, a un "ritorno alla melodia", ma non nel senso di riesumare pedissequamente stili ammuffiti o di plagiare i lavori dei musicisti di altre epoche. Neppure però nel rifiutare, in nome di principi di "rottura" col passato che adesso iniziano a mostrare la loro basilare sterilità, tutto ciò che - faticosamente - millenni di storia musicale hanno costruito.

Questa non è certo la sede per approfondire il rapporto fra musica "colta" contemporanea, arte e pubblico, in quanto si tratta di rapporti complessi e in continuo mutamento; sembra comunque che negli ultimi anni l'eccessiva attenzione alla forma stia naturalmente cedendo il passo a una visione più equilibrata e libera da forme di intolleranza verso l'uno o l'altro stile particolare 34.

In un periodo in cui il rifiuto intellettuale del passato cercava di prendere il sopravvento, Tolkien ci ha ricordato che l'uomo ha sempre gli stessi bisogni fondamentali, qualunque sia l'epoca in cui viva. Così, come nelle storie narrate cerchiamo eventi riconducibili alle nostre esperienze ed ai valori in cui crediamo, qualunque sia il modo in cui tali vicende siano raccontate e l'epoca in cui vengono ambientate; allo stesso modo nella musica cerchiamo ritmi, melodie ed armonie che, indipendentemente dalla loro minore o maggiore complessità, ci comunichino emozioni e sensazioni riconoscibili, che siano di benessere o di malessere, di gioia o di paura. L'esperienza della musica moderna, così come gli esperimenti stilistici della letteratura, hanno indubbiamente allargato a dismisura la tavolozza a disposizione dell'autore.

Lo stesso Tolkien gioca spesso con gli stili, passando con facilità da momenti di prosa "elevata" a episodi di comicità tipicamente Hobbit (anzi spesso sfruttando tali contrasti per creare situazioni irresistibili), dal totale abbandono alla potenza epica della narrazione ai ragionamenti dei personaggi sulla loro storia e sul loro ruolo in essa (indimenticabili le discussioni fra Sam e Frodo su tale argomento 35.)

La Terra di Mezzo è un mondo complesso narrato da un uomo pienamente consapevole dell'enormità del compito che si era accollato, tanto da augurarsi che altri avrebbero potuto contribuire: "[...] Alcuni dei racconti più vasti li avrei raccontati interamente, e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d'insieme. I cicli sarebbero stati legati in un grande insieme, e tuttavia sarebbe rimasto lo spazio per altre menti e altre mani che inserissero pittura e musica e dramma. [...] 36".

Per evocare pienamente un Universo di tale ampiezza può essere sufficiente uno stile musicale univoco, che sia medioevale, o celtico, sinfonico o HeavyMetal?

Personalmente, credo di no.

Così come Tolkien recupera a più livelli le radici mitiche della cultura indoeuropea e le ripropone in una visione più moderna e vasta, così come la mitologia tolkieniana rielabora e fonde a più livelli numerose fonti più antiche, così la musica della Terra di Mezzo, se vuole perlomeno avvicinarsi a rappresentare artisticamente un affresco letterario tanto esteso, non può essere mono-stilistica, ma anch'essa rielaborare e fondere gli stili e le esperienze musicali del passato in una chiave nuova.


Gli archetipi musicali

Nel suo libro La musica all'origine della conoscenza Umana il professor Fabio Uccelli 37 illustra una ipotesi rivoluzionaria ma allo stesso tempo vicina alla nostra comprensione intuitiva: la nostra coscienza nasce e di sviluppa partendo da "granuli emozionali" di base, i quali non sono altro che elementi ritmico - musicali.

Tali elementi archetipici successivamente si arricchiscono attraverso le diverse esperienze, esteriori ed interiori, e vengono rielaborati dalla mente razionale, la coscienza, fino ad arrivare nell'uomo alla "consapevolezza di sé"; restano comunque alla base di ogni scambio emozionale ed artistico.

In parole povere, così come le diverse cosmogonie mitiche, guarda caso, parlano sempre di una nascita del Mondo dal Suono, così la nostra mente si forma e si evolve proprio grazie a questi primari “mattoni” musicali e, allo stesso modo, si è evoluta la nostra coscienza nel passato.

E’ scientificamente acquisito che la conoscenza umana deriva da una elaborazione sistematica delle percezioni sensoriali, attraverso un lungo e automatico processo di analisi delle medesime che ha determinato, nel corso della evoluzione della specie vivente, la forma, la natura, la sostanza stessa dei “sensori cerebrali” delegati a riceverle.

E’ pure noto che le prime “percezioni” che raggiungono gli esseri viventi sono trasmesse da mezzi elastici (acqua di mare, liquido amniotico, etc.) e sono di tipo ritmo-sonico (musicale), come ad esempio il battito del cuore materno 38.”

Oggi è universalmente accettato che alla base del pensiero razionale, ci sono proprio le emozioni, principio che tutti noi possiamo sperimentare nella nostra esperienza; e in effetti quale nuova idea non nasce da un'intuizione, da un "brivido improvviso" che ci pervade a livello fisico? Lo stesso Einstein affermava di sognare per immagini durante la notte i concetti che il giorno successivo avrebbe tradotto in equazioni 39.

L'archetipo è quella percezione primigenia dalla quale poi nascerà l'emozione e quindi, grazie alla struttura del nostro cervello evoluto in milioni di anni, il pensiero e la coscienza. Quale può essere un esempio di formazione di un archetipo?

Ciò che noi definiamo "archetipo" si forma e si fissa, nelle strutture neurocellulari cerebrali preposte alla formazione della "memoria profonda della mente" [...], quando uno "stimolo originale" si presenta per la prima volta sulle terminazioni nervose ad esse afferenti, inviato dai sensi che lo hanno raccolto all'esterno (o all'interno) dell'embrione umano. Per stimolo "originale" si intende una sequenza di onde (formate da variazioni di potenziale elettrico propagantisi lungo le strutture neuroniche, col contributo dei mediatori elettrochimici) derivata da "pulsioni" connesse con gli organi esercitanti le funzioni innate precipue dell'essere umano (vitali, di sopravvivenza, di riproduzione, etc.).

Queste pulsioni, generanti la sequenza suddetta, sono in grado di raccogliere e trasmettere per retroazione una caratteristica eccezionale posseduta da tali organi: quella di poter contribuire a "generare o percepire emozione".

Ad esempio, il cuore, pilotato da centri neurali autonomi, adempie la funzione primaria e vitale di assicurare la circolazione del sangue, ma contemporaneamente il suo battito è emozionalmente "sinonimo di vita" e la mente cosciente o inconscia che "ascolta" archetipicamente il proprio cuore (tramite gli stessi centri e i connessi circuiti neurali in grado di elaborare rappresentazioni disposizionali) percepisce e memorizza se batte normalmente, contribuendo a generare serenità, o se in modo alterato, contribuendo a raccogliere dall'esterno ansia, paura, etc) 40.”

Ecco quindi che l'archetipo ritmico del battito del cuore (che è un ritmo in tre: tum - tum tum - tum tum) diventa la base per tante danze piene di vitalità, dalla tarantella al valzer, dai ritmi africani a quelli irlandesi. Non pensavo certo agli archetipi musicali quando nel 1981 composi Festa in Casa Baggins 41, ma oggi capisco che non a caso il suo ritmo di base è in tre.

Ed ecco perché in musica per dare un senso di gioia e serenità occorre un ritmo di base, per quanto complesso e frammentato, che possieda una certa regolarità e che non muti di velocità oltre certi limiti in un dato tempo (salvo quando di vuole ottenere, ad esempio, un senso di eccitazione attraverso un improvviso accelerando).

L'acquisizione degli archetipi nell'uomo inizia senz'altro dagli archetipi sensoriali: in effetti la "acquisizione crescente di sensorialità" e il suo utilizzo per la costruzione delle emozioni lo dimostra: oggi si parla comunemente di "intelligenza emozionale" (Golemann, D. : Intelligenza emotiva, Ediz. Rizzoli, Milano 1997), per cui, come abbiamo visto, si inizia a costruire la razionalità mentale sulle emozioni che, fin dalla prima infanzia, i nostri sensi ci permettono di avere e sentire; solo dopo, verranno l'intelligenza pura, la filosofia, la scienza, etc come astrazioni mentali della intelligenza emozionale. Noi diremmo che gli archetipi numerici, logici, etc, sono come "astrazioni archetipizzate" estraibili dagli archetipi emozionali, e ciò sembra altamente probabile e condivisibile. 42

L'archetipo musicale quindi come radice di un "linguaggio non scritto" che accomuna tutti gli uomini, indipendentemente dalle esperienze culturali e psicologiche dell'individuo, e che rende possibile l'universalità di quelli che sono considerati i capolavori della letteratura, della poesia, della musica stessa.

"E' assolutamente impossibile pensare ad un rapporto individuale tra ciascun fruitore e l'opera d'arte: essa può dare sensazioni e suggestioni che possono indurre erroneamente il fruitore a credere di averla compresa anche senza conoscerne coscientemente il linguaggio (e perciò indurlo a credere di poterne fare a meno).

Questa situazione è frequente, purtroppo, nella Musica, che è forse la più "malcompresa" tra le Arti. In realtà, per parlare di linguaggio, occorre che questo sia condiviso e compreso da molte persone contemporaneamente, in modo che ciascuno possa trovare anche negli altri le necessarie conferme del "suo" sentire; [...].

Comunque, l'opera d'arte poggia la sua universalità, e l'essere riconosciuta tale, proprio sulla certezza di una individuazione univoca dovuta alla sua formulazione in un linguaggio comune a un gran numero di persone. [...] L'uomo è sempre lo stesso, le modalità di espressione dovute alla sua precipua e particolare costituzione sono sempre le stesse, qualunque messaggio o contenuto emozionale voglia o debba inviare ai suoi simili, anche nel "momento assoluto" della creazione artistica. 43

Un concetto così forte ovviamente non può essere interpretato in senso assoluto, soprattutto parlando di una struttura formale tanto complessa quale è la mente umana. Né è possibile sviscerare un argomento di tale portata nelle poche pagine di questo articolo. Dal punto di vista del compositore, posso dire che osservando "dall'esterno" quello che scrivo non è raro che mi accorga di avere seguito certi "schemi inconsci" per esprimere una data emozione.

Purtroppo nel nostro linguaggio comune "schema" ci riporta a "schematico" nel senso di arido, freddo. Eppure un semplice schema di base, opportunamente elaborato e reiterato, può dare vita a immagini come questa:

44

Scoprendo come attraverso la stessa matematica sia possibile creare vere e proprie opere d'arte, diventa molto più semplice comprendere una tesi come quella presentata dal professor Uccelli.


Dalle radici profonde, una nuova fioritura

Oltre a essere multi-dimensionale e ascrivibile a diverse chiavi di lettura, l’opera di Tolkien trae il suo universale successo non da un‘unico, ma da molteplici fattori, due dei quali tengo a sottolineare:

  • La riscoperta del mito, dei suoi principi e dei suoi archetipi.
  • La capacità di rielaborare gli archetipi del mito, traducendoli in un linguaggio universale ma multi-sfaccettato, complesso, quindi più vicino alla sensibilità e alle esigenze umane attuali (e, presumibilmente, future).

Tolkien ci fornisce, oltre a delle opere letterarie di altissimo valore, un intero universo da cui trarre ispirazione creativa, ognuno nella forma che più gli corrisponde, dalla letteratura alla creazione di immagini, dalla saggistica alla filosofia, dalla musica alla cinematografia.

Ma non solo; Tolkien ci indica anche la giusta strada per continuare, quale che sia la forma artistico-creativa che il genere o lo stile.

Non più la razionale rottura con gli schemi del passato, che allla fine si è rivelato un vicolo cieco, ma il recupero consapevole delle fonti primeve della comunicazione, del linguaggio, dell’arte, della nostra stessa mente e consapevolezza di essere: proprio di quegli archetipi che, guarda caso, affondano le loro radici nel suono e nella musica.

Ecco allora che l’intepretazione musicale assume un ruolo fondamentale nell’evocare quelle sensazioni, quelle emozioni che l’opera tolkieniana ci ha donato e svilupparle con una forza ed una libertà che è più difficile raggiungere nelle altre arti.

Allo stesso tempo però, proprio questa estrema libertà di movimento rende la musica un mezzo più arduo da utilizzare, soprattutto in mancanza di una chiara direzione stilistica (e quindi di un comune linguaggio comprensibile) o, all’eccesso opposto, in presenza di una monotematicità eccessiva (e quindi riservata ai soli cultori di un certo genere, oltre a soffrire dei limiti espressivi propri di ogni stile musicale applicato rigidamente).

Eppure è proprio la Terra di Mezzo a indicarci la strada, con la sua ricchezza di popoli, linguaggi, culture e luoghi. Tolkien riesce a portare nuova vita agli archetipi della letteratura e dell’immaginario mostrandocele in una nuova luce, con la libertà stilistica del moderno scrittore che non si preoccupa tanto della forma quanto del contenuto della storia narrata e che si lascia guidare dalla tradizione, riuscendo così ad essere realmente originale. Allo stesso modo, il musicista che si ispira alla sua opera (ma non solo, penso che l’universalità del messaggio di Tolkien risieda anche nella sua universale applicabilità) ha da seguire la stessa strada: riportando in vita le radici della musica antica, fondendole e ricreandole alla luce delle esperienze contemporanee.

L’opera di Tolkien riesce così a diventare, come altri capolavori del passato, un faro indicatore non solo per la letteratura e l’immagine, ma anche per la musica; e non solo per la sua intrinseca bellezza e profondità ma anche, anzi soprattutto, per la capacità dell’autore di donare nuova linfa vitale alle radici dell’umano sentire.

Una bella sfida per gli artisti del presente e del futuro.


Edoardo Volpi Kellermann

Nota biografica

Edoardo Volpi Kellermann, musico e ramingo, nato nel 1964 della Sesta Era, inizia a studiare il Libro Rosso dei Confini Occidentali 45 all'età di 16 anni e ne rimane subito incantato, tanto che inizia a contribuire egli stesso allo studio della Storia della Terra di Mezzo attraverso la stesura di un Ciclo Musicale a cui sta tutt'ora lavorando. Ha quindi la fortuna, pochi mesi più tardi, di entrare in possesso di alcuni antichi manoscritti in notazione neumatica tardo-occidentale, che avrà modo successivamente di integrare nelle sue composizioni, fra i quali la preziosa versione integrale del Rito dell'Aurora cantato anticamente a Minas Thirit, e più recentemente alcuni frammenti dell'ann-thennath di Beren e Lúthien.

Nel frattempo si specializza nell'utilizzo di tecnologia elfica (in particolare Apple Macintosh®) che gli sarà di grande aiuto nella sua opera, permettendogli sia di arrangiarla e produrla senza l'utilizzo di costose orchestre, sia di metterne a disposizione alcuni esempi sulla Grande Rete all'indirizzo http://www.evkmusic.com/ltr/ltrindex.html


1 "All that is gold does not glitter,
Not all those who wander are lost;
The old that is strong does not wither,
Deep roots are not reached by the frost.
From the ashes a fire shall be woken,
A light from the shadows shall spring;
Renewed shall be blade that was broken:
The crownless again shall be king".

“Non tutto quel ch’è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch’è forte non s’aggrinza
E le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L’ombra sprigionerà una scintilla,
Nuova la lama ora rotta,
E re quei ch’è senza corona”.

J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Pag. 314, Rusconi, Milano 1977

2 J.R.R Tolkien, Sulle fiabe, Pag. 7, da Albero e Foglia, Rusconi, Milano 1976

3 "La mente che pensò leggero, pesante, [...] concepì anche la magia atta a rendere cose pesanti leggere e atte a volare [...] possiamo far germogliare boschi di argentee foglie e far indossare agli arieti velli d'oro, possiamo mettere fuoco caldo nel gelido ventre di un drago. Ma tali «fantasie», come si usa chiamarle, sono la matrice di nuove forme; ha inizio Feeria, l'uomo diviene un subcreatore."
J.R.R Tolkien, Sulle fiabe, Op. Cit. pp. 29-30

4 "Riguardo al significato profondo, o al “messaggio”, nell’intenzione dell’autore non ne ha alcuno. Non è allegorico né fa riferimento all’attualità. La storia, crescendo, ha messo radici (giù nel passato) ed ha prodotto rami inaspettati: il suo tema principale però è stato imposto fin dall’inizio dall’inevitabile scelta dell’Anello quale legame con Lo Hobbit. [...] Altre soluzioni possono essere trovate in accordo con i gusti di quelli che amano l’allegoria o il riferimento all’attualità. Io però detesto cordialmente l’allegoria in tutte le sue manifestazioni, e l’ho sempre detestata da quando sono diventato abbastanza vecchio ed attento da scoprirne la presenza. Preferisco di gran lunga la storia, vera o finta che sia, con la sua svariata applicabilità al pensiero ed all’esperienza dei lettori. Penso che molti confondano “applicabilità” con “allegoria”; l’una però risiede nella libertà del lettore, e l’altra nell’intenzionale imposizione dello scrittore."
J.R.R Tolkien, Foreword to The Lord of the Ringsi, pp. 6-7, George Allen & Unwin, Great Britain, 1984

5 Da notare che la problematica della distinzione fra "realistico" o meno è spesso fonte di fraintendimenti e atteggiamenti scorretti rispetto a un racconto o un film. Nel saggio citato lo stesso Tolkien è illuminante, parlando della sua esperienza di bambino nei confronti delle fiabe: "Io non avevo alcun particolare «desiderio di credere». Volevo sapere [...] Ma non mi ricordo che il godimento di una narrazione sia mai stato legato alla credenza che cose del genere potessero accadere o fossero davvero accadute nella «vita reale»." (pp. 51-52) J.R.R Tolkien, Sulle fiabe, Op. Cit. pp. 14-15

6 Mario Polia, Omaggio a J.R.R. Tolkien - Fantasia e tradizione, Edizioni il Cerchio, Rimini 1980
L'autore, dopo un'analisi delle radici del successo di Tolkien come scrittore che ripropone gli archetipi del Mito e del Simbolo in una società impoverita dal razionalismo e dal materialismo evidenzia, attraverso un excursus in tutte le tradizioni mitologiche (Vedica, Cinese, Greca, Islamica, Egiziana, Maya ed altre ancora) i numerosi e profondi punti di contatto con le fasi cosmogoniche descritte nell'Ainulindale e nel Valaquenta, le basi mitiche dell’epica Tolkieniana:
1) La manifestazione delle Potenze dalle profondità della mente dell'Uno e la creazione delle forme mediante il canto congiunto delle potenze.
2) La visione delle forme create.
3) La solidificazione o materializzazione delle forme: la nascita del mondo sensibile e la discesa in esso degli dei”.

Vedere anche Mario Polia, Creatore di Mondi - Tolkien e la cosmogonia, da Autori Vari, L’Anello e il Potere – J.R.R. Tolkien creatore di mondi, Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini 2002

7 Adolfo Morganti, Tolkien Medioevalista, da: Autori Vari, J.R.R. Tolkien Creatore di Mondi, Op. Cit.

8 Humprey Carpenter, La vita di J.R.R Tolkien, pp. 80 e seguenti, Edizioni Ares, Milano 1991

9 "Di conseguenza una semplice pietra grigia di granito della Cornovaglia, sulla sinistra, spicca tra le altre, perché vi sono incise soltanto poche e singolari parole:
Edith Mary Tolkien, Lúthien, 1889-1971. John Ronald Reuel Tolkien, Beren, 1892-1973."
Citazione dalla leggenda di Beren, uomo mortale, e Luthien, fanciulla elfica di cui si innamorò ricambiato, insieme alla quale riuscì a strappare uno dei Silmaril dalla corona di Morgoth, signore del male, di cui Sauron non era che un servitore. Tratta da "Il Silmarillion", ovvero il nucleo centrale del corpus di miti e leggende cui Tolkien lavorò per tutta la vita e che funge da "base storica" per il Signore degli Anelli.
Humprey Carpenter, Op. Cit. pp. 361-362
Cfr. anche J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, A cura di Christoper Tolkien Pag. 234, Rusconi, Milano 1978

10 J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza - Lettere 1914 - 1973, pag. 165, a cura di Humprey Carpenter e Christoper Tolkien, Rusconi, Milano 1990

11 "Passato nel 1913 definitivamente alla English School, abbandonando quindi gli studi classici, Tolkien iniziò a confrontarsi regolarmente con numerosi testi antichi che avrebbero potentemente influenzato la sua posteriore creazione letteraria, sia in antico inglese (come il Crist di Cynewulf, in cui scoprì il termine Eärendel, che provocò in lui «un curioso fremito come se qualcosa in me si fosse mosso, risvegliato per metà dal sonno», e che gli ispirò il primo poemetto propriamente riferentesi al suo progetto, ancora allo stato embrionale, relativo alla creazione di una nuova mitologia) che in antico norvegese, la sua lingua specialistica (come le due Edda, quella in prosa di Snorri Sturloson e quella, anonima, cosiddetta «poetica»."
Adolfo Morganti, Tolkien Medioevalista, Op. Cit. Pag. 63

12 J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Op.Cit. Pag.11

13 Mario Polia, Op. Cit. pp. 49-50
- Epoca primordiale: «Oceano», o «Acque Primordiali»: «Acqua», «Parola», «Suono», «Sposa» o «Femmina Cosmica» o «Madre», sono equivalenze simboliche ad indicare l'Energia creatice. Soffio o «Pneuma» oscuro, inaudibile ed invisibile. Materia acustica indistinta. La notte cosmica. Il sonno. Il mondo degli spiriti primordiali.
- Epoca intermedia: Il «Sole» primordiale. Il «canto» a piena voce degli dei. Ritmo luminoso - luce sonora radiante. manifestazione di materie sottilissime e diafane. L'alba. Il sogno. Il mondo delle anime, mondo delle forme sottili delle cose.
- Epoca attuale: La Terra. Consolidamento dei ritmi. Manifestazione delle forme materiali di sostanza corporea compatta. Il giorno. La veglia. Il mondo dei corpi.

14 La registrazione dell'intervento di Mario Polia è disponibile sul Web

15 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. Pag. 111

16 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. Pag. 212

17 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. Pp. 251-252

18 Illuminante a tale proposito l'analisi proposta da Stefano Giuliano nel suo saggio "Le Radici non Gelano", come tappa fondamentale di interruzione e ristoro all'interno del vaggio iniziatico intrapreso dagli Hobbit (insieme a Granburrone e Lothlórien)
Stefano Giuliano, Le Radici non Gelano, Il conflitto fra tradizione e modernità in Tolkien pp. 101-105, Edizioni Ripostes, Salerno 2001

19 Un discorso approfondito sui bambini e sul loro rapporto con le fiabe è contenuto nel già citato saggio "Sulla Fiaba", dove un intero capitolo vi è dedicato. Tolkien non vede un nesso essenziale fra i bambini e le fiabe, frutto piuttosto di un equivoco nato in tempi recenti, un errore "comesso sopratutto da chi, per qualsivoglia motivo personale (come ad esempio la mancanza di figli), tende a considerare i bambini quali esseri di specie a sé stante, quasi una razza diversa, anziché quali membri normali, ancorché immaturi, di una famiglia particolare e della famiglia umana in generale" (pag. 44) concludendo poi "Sempre che valga la pena di leggere la fiaba come genere, essa merita di essere scritta per e letta da adulti, i quali naturalmente vi metteranno e ne ricaveranno più di quanto non possano i bambini. Allora, trattandosi di una forma d'arte degna di questo nome, i bambini potranno sperare di avere fiabe atte a essere lette e insieme a loro misura [...]" (pag. 58)
J.R.R Tolkien, Sulle Fiabe, Op. Cit.

20 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 171

21 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 172

22 "La fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione, né smussa l'appetito per la verità scientifica, di cui non ottunde la percezione. Al contrario: più acuta e chiara è la ragione, e miglori fantasie produrrà. Se mai gli uomini si trovassero in condizioni tali da non voler conoscere o da non poter percepire la verità (fatti o testimonianze), allora la Fantasia languirebbe finché essi non guarissero. E, se mai arrivassero a quello stato (e non sembra del tutto impossibile), la Fantasia perirebbe e diverrebbe Morbosa Illusione",
J.R.R Tolkien, Sulle Fiabe, Op. Cit. pag. 69

23 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 192

24 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 1.150

25 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 1.011

26 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 1.014å

27 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 707-708

28 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 297-298

29 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 429

30 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 393-394

31 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 903-904

32 E’ un file compresso e occupa circa 3,4 MB; per decomprimerlo utilizzare il software shareware Winzip oppure il gratuito Stufflit Expander

33 J.R.R Tolkien, Sulle Fiabe, Op. Cit. pag. 71

34 Le numerose contaminazioni stilistiche fra classico e contemporaneo, fra musica tonale e atonale presenti nelle colonne sonore cinematografiche hanno spesso contribuito a un riavvicinamento del grande pubblico alle sperimentazioni della musica colta, ponendole in un loro contesto di grande tensione drammatica: basti pensare alla splendida colonna sonora del film di Steven Spielberg "Incontri ravvicinati del Terzo Tipo" composta da John Williams.
Music form John Williams "Close Encounters" and "Star Wars", National Philarmonic Orchestra diretta da Charles Gerhardt, Compact Disc RCA RCD 13650

35 J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 859-860

36 J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza, Op. Cit. pag. 165

37 Fabio Uccelli, Fisico, Musicista e Musicologo, è Professore Associato presso il Dipartimento di Energetica dell'Università di Pisa e Consigliere di Amministrazione della Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino. Fondamentale nel panorama musicologico moderno il suo testo Il Commiato di Anton Dvorak, presentato durante diversi concerti della grande violoncellista Christine Walevska.

38 Fabio Uccelli, La Musica all'Origine della Conoscenza Umana, Edizioni Plus - Università di Pisa, 2003. Il libro è acquistabile online a partire dalla pagina web: http://www.edizioniplus.it

39 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.

40 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.

41 Da questa pagina Web è possibile scaricare alcuni brevi passaggi da "Festa in Casa Baggins" e da altri brani del mio ciclo musicale. Inoltre sul negozio di Tolkieniana Net è possibile ascoltare in anteprima il primo minuto di Festa in Casa Baggins eseguita dalla Sinfonica Tolkieniana, oltre ad altri brani di Alessandro Ferrari e dei Lingalad.
Le registrazioni complete sono acquistabili a un dollaro l'una.

42 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.

43 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.

44 Immagine scaricata dalla pagina Web: http://digilander.libero.it/maxide/varie/frattali/

45 Nell’edizione curata dall’Istaro e Filologo Prof. John Ronald Reuel Tolkien

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