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Tolkien rielaboratore di miti
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“The Road goes ever on and on |
La via prosegue senza fine |
Passando poi per episodi di puro divertimento come la canzone eseguita alla Locanda del Puledro Impennato 16
" There is an inn, a merry old inn |
C’è una locanda, un’allegra locanda, |
Fino alla profonda, dolcissima, malinconica atmosfera dell'ann-thennath di Beren e Lúthien cantato da Aragorn nel capitolo XI 17
“The leaves were long, |
Lunghe eran le foglie e l’erba era fresca, |
Il potere della parola in musica: Tom Bombadil
Discorso a parte merita l'episodio dell'incontro con Tom Bombadil e Baccador. Per nulla necessario allo svolgimento della storia dell'Anello (tanto che Peter Jackson lo ha tranquillamente eliminato dalla trama del film), è invece fondamentale nel portare a maturazione l'atmosfera dell'opera letteraria.
Sono diverse le interpretazioni di questo passaggio presentate dagli studiosi 18.
In questa sede non intendo sposarne una in particolare, ma solo evidenziare come l'incontro dei quattro Hobbit col Messere della Foresta e con la Figlia del Fiume costituisca un punto di svolta fondamentale nella forza evocativa del Signore degli Anelli.
Il romanzo inizia in un'atmosfera che ricorda da vicino Lo Hobbit, libro scritto con un tono intenzionalmente più "per ragazzi" come lo stesso Tolkien avrebbe (in parte con rammarico) ammesso più tardi 19; questo nonostante già si respiri un'aria diversa fin dai primi capitoli.
Vi sono dei crescendo, per utilizzare una terminologia musicale, che partono dalla Festa per il compleanno di Bilbo fino alla presa di coscienza del pericolo da parte di Frodo, quindi dall'inizio del viaggio fino al primo incontro con i Cavalieri Neri e con gli Elfi.
Oltre la Vecchia Foresta però incontriamo qualcosa di totalmente nuovo e fondamentale: delle forze primeve della natura, forze cortesi e creative che interagiscono benevolmente con i protagonisti (dopo averli salvati da una forza naturale possessiva e distruttiva: l'Uomo Salice), i quali, insieme al lettore, ne rimangono rapiti.
“Gli Hobbit la guardavano estasiati e lei li guardò uno per uno e sorrise. « Dolce dama Baccador! », osò infine dire Frodo, sentendosi profondamente turbato e commosso da una gioia inspiegabile. Aveva provato a volte una sensazione simile, incantato dalla dolce voce degli Elfi; tuttavia questo sortilegio era diverso: un piacere meno nobile e meno intenso, ma più profondo e umano penetrava fino in fondo al cuore, meraviglioso eppure non misterioso. « Dolce dama Baccador! », disse nuovamente. « Ora capisco da dove veniva la gioia nascosta nelle canzoni che udivamo!
O slender as a willow-wand! |
Esile più di un salice! |
Fino a raggiungere uno stato di benessere tale da sconfinare nell'estasi:
“Il pasto fu lungo e gioioso, e benché gli Hobbit divorassero come soltanto uno Hobbit affamato sa divorare, c’era di tutto in abbondanza. La bevanda che empiva le loro ciotole pareva acqua fresca e pura, e tuttavia li inebriò come vino, dando loro voglia di cantare. Gli ospiti si accorsero improvvisamente che il canto sgorgava spontaneamente dalle loro labbra, quasi fosse più semplice e naturale cantare che parlare 21.”
Qual è lo stato d'animo che rende l'espressione attraverso il canto e la musica più naturale del linguaggio parlato se non l’intensa gioia derivante dal profondo e armonioso contatto con la Natura, quindi con il Mondo Esteriore che si specchia ed allo stesso tempo è riflesso del nostro Mondo Interiore? Non è forse questo canto che sgorga spontaneo dal nostro cuore un'eco di quel Grande Canto da cui il mondo è stato creato?
Da dove nasce la melodia musicale, elaborata o meno che sia, se non dal canto?
Tom Bombadil, il Messere, è colui che combatte l'oscurità utilizzando il potere benefico del canto e, quindi, della musica: prima fermando il Vecchio Uomo Salice che intendeva schiacciare gli Hobbit, quindi disperdendo lo Spettro dei Tumuli dopo che anch'esso, attraverso un canto, - ma un canto malvagio, abietto, disperato: una Morbosa Illusione 22 - avrà cercato di far perdere loro per sempre il calore della vita.
Tom, Maestro del Canto Naturale e Baccador, Maestra della Grazia e della Danza, infondono forza e coraggio agli Hobbit, li rifocillano e permettono loro di riposare dalle prime fatiche e dai primi pericoli del viaggio; così grandi rispetto alla tranquilla e paciosa vita all'interno della Contea, ma ben poco rispetto a quello che ancora li aspetta.
E, prima della partenza, cosa insegna Tom ai nostri eroi, forse presagendo l'ulteriore prova iniziatica che li aspetta nel tumulo, quale arma fornisce loro contro ciò che la spada o la freccia non possono combattere, lo spettro, l'essenza stessa del male (la mancanza di vita, di luce, l'assenza di gioia di vivere)? Un canto. Un canto che ha sì lo scopo di chiamare Tom Bombadil in loro soccorso, ma che prima di tutto serve, nel momento più oscuro, a rimetterli in contatto con quella luce interiore, a riconciliarli con quella forza vitale che è contenuta in ognuno e grazie alla quale si possono affrontare le situazioni più disperate (tema così caro e frequante nella letteratura tolkieniana).
“Frodo cadde in avanti su Merry, la cui faccia era gelida. Tutt’a un tratto gli tornò alla mente, dopo che la nebbia e l’angoscia l’avevano cacciato via, il ricordo della casa ai piedi del Colle, e di Tom cantante e salterellante. Si rammentò della strofa che Tom aveva insegnato loro.
Con un filo di voce disperata intonò il motivo: Oh! Tom Bombadil! e, pronunziando quel nome, parve rinvigorirsi e il suo canto divenne pieno e vivace, facendo rimbombare la stanza come un suono di tamburo o di tromba.
Ho! Tom Bombadil, Tom Bombadillo! |
Oh! Tom Bombadil, Tom Bombadillo! |
Nello stesso modo, un canto di speranza, centinaia di pagine dopo, permetterà a Sam di risolvere una situazione altrettanto nera e senza apparente via d'uscita, liberando Frodo prigioniero nella Torre di Cirith Ungol. Così come un canto di gioia suggellerà, nella Bianca Cittadella di Minas Thirit, la definitiva vittoria sul Signore del Male.
“E prima che il Sole fosse tramontato, giunse volando da est una grande Aquila, recando insperate notizie dei Signori dell’Ovest, e gridando:
Sing now, ye people of the Tower of Anor, |
Cantate ora, gente della Torre di Anor, |
La musica nell’azione drammatica
“Il viso del nemico non era rivolto verso di lui, e tuttavia osava appena muoversi per il terrore che lo sguardo micidiale cadesse su di lui. Incominciò pian piano a strisciare da una parte; mentre il Capitano Nero considerava, dubbioso e malvagio, la donna che gli si ergeva innanzi, e Merry non era per lui che un verme nel fango.
Ad un tratto l’orrida bestia batté le ali, e il loro vento era fetido. Quindi s’innalzò di nuovo in aria per poi piombare rapida su Éowyn, urlando e avventandosi con il becco e le grinfie.
Ma ella rimase immobile: fanciulla dei Rohirrim, figlia di re, esile ma come una lama d’acciaio, bella eppure terribile. Vibrò un abile colpo, rapido e micidiale. Squarciò il collo teso e la testa decapitata cadde come un sasso. Con un balzo Éowyn indietreggiò mentre l’enorme massa crollava accasciandosi per terra con le ali aperte; e mentre cadeva, l’ombra scomparve. La luce la circondò e i suoi capelli brillarono al sole sorgente.25”
Come non sentire, nell’intensità di momenti letterari talmente elevati, che la prosa diventa tutt’uno con la poesia e quindi con la musica?
E che la musica sembra scaturire fra le parole, come una sorgente fra le rocce?
“Allora [Éomer] guardò i caduti, rammentando i loro nomi. Poi ad un tratto vide Éowyn, sua sorella, e la riconobbe. Fu come se una freccia l’avesse trafitto al cuore; il suo viso divenne bianco come la morte e in lui si levò una gelida furia che lo rese muto per qualche tempo. Un sentimento di morte s’impadronì di lui.
« Éowyn, Éowyn! », gridò infine. « Éowyn, come sei giunta tu sin qui? Quale follia o diabolico artifizio è questo? Morte, morte, morte! Che la morte ci prenda tutti! ».
Poi senza attendere oltre, né aspettare l’arrivo degli uomini della Città, si lanciò a capofitto contro l’avanguardia dell’esercito nemico, e soffiando nel corno ordinò la carica. Su tutto il campo si udì la sua limpida voce gridare: « Morte! Galoppate, galoppate verso la rovina e la fine del mondo! ».
E con queste parole l’esercito balzò in avanti. Ma i Rohirrim più non cantavano. Morte, gridavano con un’unica voce forte e terribile, e prendendo velocità come un’immensa marea spazzarono tutto ciò che circondava il loro re caduto e passarono come un turbine ruggendo verso sud. 26“
Queste punte scintillanti della prosa tolkieniana, nei momenti più elevati di stile epico all’interno dell’opera, sono come stelle ancora più fulgide nel firmamento della narrazione e, fin dalla prima lettura, mi colpirono e mi commossero profondamente.
Col tempo mi sono accorto che il “crescendo” emozionale evocato da questi passaggi letterari era esattamente lo stesso che provavo nell’ascolto di particolari passaggi musicali, come ad esempio (quanto è difficile trasmetterlo sulla carta!) la breve ma intensa Overture del Guglielmo Tell di Puccini – chi è abbastanza “saggio” ricorderà la sigla di apertura dei programmi RAI nei primi anni ‘70 - oppure il commovente richiamo del tema principale dopo il temporale nella Sinfonia Pastorale di L.v.Beehtoven, o ancora il magnifico crescendo finale de I Pini di Roma di Ottorino Respighi.
“ [Saruman] Si voltò e lasciò il balcone.
« Ritorna, Saruman! », disse Gandalf con tono perentorio. Con enorme stupore gli altri videro Saruman voltarsi di nuovo verso di loro e, come trascinato contro la propria volontà, avvicinarsi alla ringhiera di ferro e appoggiarvisi respirando affannosamente. Il suo viso era segnato e appassito. La mano che stringeva il pesante bastone nero pareva un artiglio.
« Non ti ho dato il permesso di andartene », disse Gandalf aspramente. « Non ho finito. Sei diventato uno stolto, Saruman, eppur pietoso. Avresti potuto abbandonare follia e malvagità ed essere utile a qualcosa. Ma hai scelto di rimanere, rimuginando sulla fine dei tuoi vecchi intrighi. Resta dunque! Ma ti avverto, non ti sarà facile trovare un’altra via d’uscita. A meno che le oscure mani dell’Est non si allunghino esse stesse per afferrarti e trascinarti via. Saruman! », gridò, ed il potere e l’autorità della sua voce aumentarono ancora. « Osserva, io non sono Gandalf il Grigio che tu tradisti. Sono Gandalf il Bianco, ritornato dalla morte. Ora tu non hai più colore, e io ti espello dall’ordine e dal Consiglio ».
Levò la mano, e parlò con voce limpida e fredda. « Saruman, il tuo bastone è rotto ». Si udì uno schianto e il bastone si spezzò nella mano di Saruman; l’impugnatura cadde ai piedi di Gandalf. « Va’! », disse questi. Con un grido Saruman scomparve e strisciò via. 27”
Ognuno di noi ha avuto modo di provare quel particolare brivido che scorre lungo la schiena all’ascolto di musiche, quale che sia il loro stile o epoca, che corrispondono alla nostra particolare sensibilità, e molti di noi lo hanno provato durante la lettura di Tolkien, che ha questo dono, insieme a (pochi) altri autori di letteratura: il dono dell’Aedo, del narratore, colui che ci incanta con la potenza della storia narrata, che si fa musica essa stessa. Ecco allora che la parola scritta si sublima in suoni inaudibili alle orecchie, ma che arrivano dritti al nostro cuore.
“Frodo rimase solo per qualche tempo, poiché Sam si era addormentato. Si sentiva solitario e quasi abbandonato, benché la gente di Gran Burrone fosse riunita tutt’intorno a lui. Ma coloro che gli stavano vicini erano silenziosi, rapiti dalla musica di voci e strumenti, e non badavano ad altro. Frodo si mise ad ascoltare.
Sulle prime la bellezza delle melodie intrecciate alle parole di lingua elfica lo avvolse come un incantesimo, benché egli non capisse molto di ciò che veniva cantato.
Ciò nonostante pareva quasi che le parole prendessero corpo e gli rivelassero visioni di terre lontane e cose luminose che non aveva mai in vita sua immaginate; e il salone illuminato dal fuoco non fu più che una nebbia dorata su mari di schiuma che sospiravano ai margini del mondo. Poi il sortilegio si fece sempre più simile ad un sogno ed egli ebbe l’impressione che un fiume interminabile d’oro e d’argento si espandesse, ricoprendolo, troppo immenso per poterne discernere i contorni; diventò parte dell’aria vibrante intorno a lui, lo intrise e lo affogò. Sotto quel peso luminoso affondò nel profondo regno del sonno 28.”
Esistono luoghi della Terra di Mezzo, così come nella nostra realtà (sempre meno purtroppo, grazie alla stupidità umana), dove ancora rimane avvertibile il canto primevo dal quale nacque l’Universo, quella armonia universale con la quale gli elfi soprattutto riescono ad essere in perenne risonanza. Ma cosa sono gli elfi di Tolkien dopotutto, se non la rappresentazione delle nostri parti migliori, più pure e più nobili? Non a caso la loro attività principale è il canto e nutrono un amore sfrenato per la musica, e i posti in cui vivono ne risuonano sempre, anche in loro assenza.
“La mattina era ancora giovane e fredda quando la Compagnia si rimise in marcia, guidata ora da Haldir e da suo fratello Rúmil. « Addio, dolce Nimrodel! », gridò Legolas. Frodo voltandosi scorse un bagliore di bianca spuma fra i fusti degli alberi. « Addio », disse. Gli parve che mai più avrebbe udito fluire acque così belle, dall’eterno fondersi di innumerevoli note in una musica sempre cangiante. 29”
I luoghi elfici come Granburrone e Lothlorien sono essi stessi impregnati di musica udibile o inaudibile, esteriorizzata o interiore.
Ben diversa la musica che si respira a Moria, dove nonostante la presenza degli orchi si riesce ancora ad avvertire l’eco della solenne, cupa, grandezza della civiltà dei nani; ed è incredibile, a pensarci bene, come Tolkien riesca a trasmettercelo con pochi tocchi, quasi da impressionista, senza abbondare in descrizioni.
“[Gandalf] Alzò il suo bastone, e per un breve istante vi fu una vampata simile ad un lampo. Delle grandi ombre spiccarono il volo, e per un secondo essi scorsero un ampio soffitto sulle loro teste, sostenuto da molte possenti colonne di pietra. Avanti a loro e da ambedue le parti, si estendeva un immenso salone vuoto; le pareti nere, lucide e lisce come vetro, scintillarono e lampeggiarono. Videro tre altri ingressi, cupi archi neri: uno dritto innanzi a loro ad oriente, gli altri sulle pareti laterali. Poi la luce si spense. 30”
E infine, ma non certo per ordine di importanza, la bianca cittadella ideale, baluardo di Gondor davanti alla potenza oscura e terribile di Mordor.
“Ultimo dei Monti Bianchi dell’Ered Nimrais, Pipino vide, come promesso da Gandalf, la cupa massa del Monte Mindolluin, le ombre viola e profonde delle sue alte valli, la sua imponente figura rischiarata dal sorgere del giorno. Sopra una propaggine sporgente s’innalzava la Città Protetta, con le sue sette cerchie di mura, così antiche e possenti che non parevano costruite, ma scolpite da giganti nell’ossatura del mondo.
Sotto lo sguardo meravigliato di Pipino le grigie mura volgevano al bianco, macchiandosi del pallido rossore dell’alba. Il sole, improvvisamente emerso dalle ombre orientali, proiettò il suo raggio sul volto della Città. Allora Pipino gridò di stupore, perché la Torre di Ecthelion, che s’innalzava entro la cerchia interna, sfavillò nel cielo come una cuspide d’argento e perle, slanciata e splendente, e il suo pinnacolo brillò come cristallo sfaccettato; bianchi vessilli svolazzavano dalle torri merlate alla brezza del mattino, e lontano si udì come un limpido squillare di trombe d’argento. å”
In questo caso preferisco che sia la musica a parlare per me.
Canto del mattino è un mio breve brano musicale, ispirato all’antico Rito dell’Aurora di Minas Thirith. Lo potete scaricare su Internet da questa pagina; il file si chiama Canto.sitx 32 e contiene sia la musica, in formato MP3, che un breve documento illustrativo in formato PDF.
"Chi è in grado di disegnare una nuova foglia? Non è forse vero che i moduli, dalla gemma allo sboccio, e i colori, dalla primavera all'autunno, sono stati tutti scoperti dagli esseri umani molto tempo fa? Pure, non è così. Il seme dell'albero può essere ripiantato in quasi ogni terreno [...] Ovviamente la primavera non è meno bella perché abbiamo visto o udito di eventi simili: simili, ma, dal principio alla fine del mondo, mai gli stessi 33".
In musica tutti i temi, tutte le melodie sono state composte; le sette note della scala tonale e le dodici della scala temperata cromatica sono state poste in tutte le possibili relazioni orizzontali e verticali, in tutte le sequenze ritmiche immaginabili. Se questo non è un dato di fatto, ormai ci siamo molto vicini, almeno per quanto concerne il nostro sistema tonale occidentale.
Questo significa allora che tutta la musica è stata scritta?
Non credo: o almeno, così non è se non analizzandola dal solo punto di vista logico-formale. Quando frequentavo la classe di composizione del Maestro Mauro Bortolotti presso il conservatorio S. Cecilia di Roma, talvolta i miei compagni di corso mi dicevano, con aria leggermente saputa, "Ma come? Usi ancora la melodia e l'armonia per le tue composizioni? Sono schemi superati".
Francamente non mi ero mai posto il problema e ne rimasi un poco ferito, umiliato. Ero forse un dinosauro in un mondo di astronavi? Mai però un commento di questo tipo mi arrivò dal Maestro. Piuttosto, mi incitava ad approfondire e rendere il più possibile evidente il processo compositivo, a elaborare e rielaborare ogni singolo passaggio, a rimettermi continuamente in discussione. Mai un giudizio sul mio stile personale: solo dopo qualche anno compresi quanto ciò sia stato significativo nella mia evoluzione artistica, quanto prezioso sia stato questo insegnamento.
Oggi assistiamo, in molti importanti compositori contemporanei, a un "ritorno alla melodia", ma non nel senso di riesumare pedissequamente stili ammuffiti o di plagiare i lavori dei musicisti di altre epoche. Neppure però nel rifiutare, in nome di principi di "rottura" col passato che adesso iniziano a mostrare la loro basilare sterilità, tutto ciò che - faticosamente - millenni di storia musicale hanno costruito.
Questa non è certo la sede per approfondire il rapporto fra musica "colta" contemporanea, arte e pubblico, in quanto si tratta di rapporti complessi e in continuo mutamento; sembra comunque che negli ultimi anni l'eccessiva attenzione alla forma stia naturalmente cedendo il passo a una visione più equilibrata e libera da forme di intolleranza verso l'uno o l'altro stile particolare 34.
In un periodo in cui il rifiuto intellettuale del passato cercava di prendere il sopravvento, Tolkien ci ha ricordato che l'uomo ha sempre gli stessi bisogni fondamentali, qualunque sia l'epoca in cui viva. Così, come nelle storie narrate cerchiamo eventi riconducibili alle nostre esperienze ed ai valori in cui crediamo, qualunque sia il modo in cui tali vicende siano raccontate e l'epoca in cui vengono ambientate; allo stesso modo nella musica cerchiamo ritmi, melodie ed armonie che, indipendentemente dalla loro minore o maggiore complessità, ci comunichino emozioni e sensazioni riconoscibili, che siano di benessere o di malessere, di gioia o di paura. L'esperienza della musica moderna, così come gli esperimenti stilistici della letteratura, hanno indubbiamente allargato a dismisura la tavolozza a disposizione dell'autore.
Lo stesso Tolkien gioca spesso con gli stili, passando con facilità da momenti di prosa "elevata" a episodi di comicità tipicamente Hobbit (anzi spesso sfruttando tali contrasti per creare situazioni irresistibili), dal totale abbandono alla potenza epica della narrazione ai ragionamenti dei personaggi sulla loro storia e sul loro ruolo in essa (indimenticabili le discussioni fra Sam e Frodo su tale argomento 35.)
La Terra di Mezzo è un mondo complesso narrato da un uomo pienamente consapevole dell'enormità del compito che si era accollato, tanto da augurarsi che altri avrebbero potuto contribuire: "[...] Alcuni dei racconti più vasti li avrei raccontati interamente, e ne avrei lasciati altri solo abbozzati e sistemati nello schema d'insieme. I cicli sarebbero stati legati in un grande insieme, e tuttavia sarebbe rimasto lo spazio per altre menti e altre mani che inserissero pittura e musica e dramma. [...] 36".
Per evocare pienamente un Universo di tale ampiezza può essere sufficiente uno stile musicale univoco, che sia medioevale, o celtico, sinfonico o HeavyMetal?
Personalmente, credo di no.
Così come Tolkien recupera a più livelli le radici mitiche della cultura indoeuropea e le ripropone in una visione più moderna e vasta, così come la mitologia tolkieniana rielabora e fonde a più livelli numerose fonti più antiche, così la musica della Terra di Mezzo, se vuole perlomeno avvicinarsi a rappresentare artisticamente un affresco letterario tanto esteso, non può essere mono-stilistica, ma anch'essa rielaborare e fondere gli stili e le esperienze musicali del passato in una chiave nuova.
Nel suo libro La musica all'origine della conoscenza Umana il professor Fabio Uccelli 37 illustra una ipotesi rivoluzionaria ma allo stesso tempo vicina alla nostra comprensione intuitiva: la nostra coscienza nasce e di sviluppa partendo da "granuli emozionali" di base, i quali non sono altro che elementi ritmico - musicali.
Tali elementi archetipici successivamente si arricchiscono attraverso le diverse esperienze, esteriori ed interiori, e vengono rielaborati dalla mente razionale, la coscienza, fino ad arrivare nell'uomo alla "consapevolezza di sé"; restano comunque alla base di ogni scambio emozionale ed artistico.
In parole povere, così come le diverse cosmogonie mitiche, guarda caso, parlano sempre di una nascita del Mondo dal Suono, così la nostra mente si forma e si evolve proprio grazie a questi primari “mattoni” musicali e, allo stesso modo, si è evoluta la nostra coscienza nel passato.
“E’ scientificamente acquisito che la conoscenza umana deriva da una elaborazione sistematica delle percezioni sensoriali, attraverso un lungo e automatico processo di analisi delle medesime che ha determinato, nel corso della evoluzione della specie vivente, la forma, la natura, la sostanza stessa dei “sensori cerebrali” delegati a riceverle.
E’ pure noto che le prime “percezioni” che raggiungono gli esseri viventi sono trasmesse da mezzi elastici (acqua di mare, liquido amniotico, etc.) e sono di tipo ritmo-sonico (musicale), come ad esempio il battito del cuore materno 38.”
Oggi è universalmente accettato che alla base del pensiero razionale, ci sono proprio le emozioni, principio che tutti noi possiamo sperimentare nella nostra esperienza; e in effetti quale nuova idea non nasce da un'intuizione, da un "brivido improvviso" che ci pervade a livello fisico? Lo stesso Einstein affermava di sognare per immagini durante la notte i concetti che il giorno successivo avrebbe tradotto in equazioni 39.
L'archetipo è quella percezione primigenia dalla quale poi nascerà l'emozione e quindi, grazie alla struttura del nostro cervello evoluto in milioni di anni, il pensiero e la coscienza. Quale può essere un esempio di formazione di un archetipo?
“Ciò che noi definiamo "archetipo" si forma e si fissa, nelle strutture neurocellulari cerebrali preposte alla formazione della "memoria profonda della mente" [...], quando uno "stimolo originale" si presenta per la prima volta sulle terminazioni nervose ad esse afferenti, inviato dai sensi che lo hanno raccolto all'esterno (o all'interno) dell'embrione umano. Per stimolo "originale" si intende una sequenza di onde (formate da variazioni di potenziale elettrico propagantisi lungo le strutture neuroniche, col contributo dei mediatori elettrochimici) derivata da "pulsioni" connesse con gli organi esercitanti le funzioni innate precipue dell'essere umano (vitali, di sopravvivenza, di riproduzione, etc.).
Queste pulsioni, generanti la sequenza suddetta, sono in grado di raccogliere e trasmettere per retroazione una caratteristica eccezionale posseduta da tali organi: quella di poter contribuire a "generare o percepire emozione".
Ad esempio, il cuore, pilotato da centri neurali autonomi, adempie la funzione primaria e vitale di assicurare la circolazione del sangue, ma contemporaneamente il suo battito è emozionalmente "sinonimo di vita" e la mente cosciente o inconscia che "ascolta" archetipicamente il proprio cuore (tramite gli stessi centri e i connessi circuiti neurali in grado di elaborare rappresentazioni disposizionali) percepisce e memorizza se batte normalmente, contribuendo a generare serenità, o se in modo alterato, contribuendo a raccogliere dall'esterno ansia, paura, etc) 40.”
Ecco quindi che l'archetipo ritmico del battito del cuore (che è un ritmo in tre: tum - tum tum - tum tum) diventa la base per tante danze piene di vitalità, dalla tarantella al valzer, dai ritmi africani a quelli irlandesi. Non pensavo certo agli archetipi musicali quando nel 1981 composi Festa in Casa Baggins 41, ma oggi capisco che non a caso il suo ritmo di base è in tre.
Ed ecco perché in musica per dare un senso di gioia e serenità occorre un ritmo di base, per quanto complesso e frammentato, che possieda una certa regolarità e che non muti di velocità oltre certi limiti in un dato tempo (salvo quando di vuole ottenere, ad esempio, un senso di eccitazione attraverso un improvviso accelerando).
“L'acquisizione degli archetipi nell'uomo inizia senz'altro dagli archetipi sensoriali: in effetti la "acquisizione crescente di sensorialità" e il suo utilizzo per la costruzione delle emozioni lo dimostra: oggi si parla comunemente di "intelligenza emozionale" (Golemann, D. : Intelligenza emotiva, Ediz. Rizzoli, Milano 1997), per cui, come abbiamo visto, si inizia a costruire la razionalità mentale sulle emozioni che, fin dalla prima infanzia, i nostri sensi ci permettono di avere e sentire; solo dopo, verranno l'intelligenza pura, la filosofia, la scienza, etc come astrazioni mentali della intelligenza emozionale. Noi diremmo che gli archetipi numerici, logici, etc, sono come "astrazioni archetipizzate" estraibili dagli archetipi emozionali, e ciò sembra altamente probabile e condivisibile. 42”
L'archetipo musicale quindi come radice di un "linguaggio non scritto" che accomuna tutti gli uomini, indipendentemente dalle esperienze culturali e psicologiche dell'individuo, e che rende possibile l'universalità di quelli che sono considerati i capolavori della letteratura, della poesia, della musica stessa.
"E' assolutamente impossibile pensare ad un rapporto individuale tra ciascun fruitore e l'opera d'arte: essa può dare sensazioni e suggestioni che possono indurre erroneamente il fruitore a credere di averla compresa anche senza conoscerne coscientemente il linguaggio (e perciò indurlo a credere di poterne fare a meno).
Questa situazione è frequente, purtroppo, nella Musica, che è forse la più "malcompresa" tra le Arti. In realtà, per parlare di linguaggio, occorre che questo sia condiviso e compreso da molte persone contemporaneamente, in modo che ciascuno possa trovare anche negli altri le necessarie conferme del "suo" sentire; [...].
Comunque, l'opera d'arte poggia la sua universalità, e l'essere riconosciuta tale, proprio sulla certezza di una individuazione univoca dovuta alla sua formulazione in un linguaggio comune a un gran numero di persone. [...] L'uomo è sempre lo stesso, le modalità di espressione dovute alla sua precipua e particolare costituzione sono sempre le stesse, qualunque messaggio o contenuto emozionale voglia o debba inviare ai suoi simili, anche nel "momento assoluto" della creazione artistica. 43”
Un concetto così forte ovviamente non può essere interpretato in senso assoluto, soprattutto parlando di una struttura formale tanto complessa quale è la mente umana. Né è possibile sviscerare un argomento di tale portata nelle poche pagine di questo articolo. Dal punto di vista del compositore, posso dire che osservando "dall'esterno" quello che scrivo non è raro che mi accorga di avere seguito certi "schemi inconsci" per esprimere una data emozione.
Purtroppo nel nostro linguaggio comune "schema" ci riporta a "schematico" nel senso di arido, freddo. Eppure un semplice schema di base, opportunamente elaborato e reiterato, può dare vita a immagini come questa:
Scoprendo come attraverso la stessa matematica sia possibile creare vere e proprie opere d'arte, diventa molto più semplice comprendere una tesi come quella presentata dal professor Uccelli.
Dalle radici profonde, una nuova fioritura
Oltre a essere multi-dimensionale e ascrivibile a diverse chiavi di lettura, l’opera di Tolkien trae il suo universale successo non da un‘unico, ma da molteplici fattori, due dei quali tengo a sottolineare:
Tolkien ci fornisce, oltre a delle opere letterarie di altissimo valore, un intero universo da cui trarre ispirazione creativa, ognuno nella forma che più gli corrisponde, dalla letteratura alla creazione di immagini, dalla saggistica alla filosofia, dalla musica alla cinematografia.
Ma non solo; Tolkien ci indica anche la giusta strada per continuare, quale che sia la forma artistico-creativa che il genere o lo stile.
Non più la razionale rottura con gli schemi del passato, che allla fine si è rivelato un vicolo cieco, ma il recupero consapevole delle fonti primeve della comunicazione, del linguaggio, dell’arte, della nostra stessa mente e consapevolezza di essere: proprio di quegli archetipi che, guarda caso, affondano le loro radici nel suono e nella musica.
Ecco allora che l’intepretazione musicale assume un ruolo fondamentale nell’evocare quelle sensazioni, quelle emozioni che l’opera tolkieniana ci ha donato e svilupparle con una forza ed una libertà che è più difficile raggiungere nelle altre arti.
Allo stesso tempo però, proprio questa estrema libertà di movimento rende la musica un mezzo più arduo da utilizzare, soprattutto in mancanza di una chiara direzione stilistica (e quindi di un comune linguaggio comprensibile) o, all’eccesso opposto, in presenza di una monotematicità eccessiva (e quindi riservata ai soli cultori di un certo genere, oltre a soffrire dei limiti espressivi propri di ogni stile musicale applicato rigidamente).
Eppure è proprio la Terra di Mezzo a indicarci la strada, con la sua ricchezza di popoli, linguaggi, culture e luoghi. Tolkien riesce a portare nuova vita agli archetipi della letteratura e dell’immaginario mostrandocele in una nuova luce, con la libertà stilistica del moderno scrittore che non si preoccupa tanto della forma quanto del contenuto della storia narrata e che si lascia guidare dalla tradizione, riuscendo così ad essere realmente originale. Allo stesso modo, il musicista che si ispira alla sua opera (ma non solo, penso che l’universalità del messaggio di Tolkien risieda anche nella sua universale applicabilità) ha da seguire la stessa strada: riportando in vita le radici della musica antica, fondendole e ricreandole alla luce delle esperienze contemporanee.
L’opera di Tolkien riesce così a diventare, come altri capolavori del passato, un faro indicatore non solo per la letteratura e l’immagine, ma anche per la musica; e non solo per la sua intrinseca bellezza e profondità ma anche, anzi soprattutto, per la capacità dell’autore di donare nuova linfa vitale alle radici dell’umano sentire.
Una bella sfida per gli artisti del presente e del futuro.
Nota biografica
Edoardo Volpi Kellermann, musico e ramingo, nato nel 1964 della Sesta Era, inizia a studiare il Libro Rosso dei Confini Occidentali 45 all'età di 16 anni e ne rimane subito incantato, tanto che inizia a contribuire egli stesso allo studio della Storia della Terra di Mezzo attraverso la stesura di un Ciclo Musicale a cui sta tutt'ora lavorando. Ha quindi la fortuna, pochi mesi più tardi, di entrare in possesso di alcuni antichi manoscritti in notazione neumatica tardo-occidentale, che avrà modo successivamente di integrare nelle sue composizioni, fra i quali la preziosa versione integrale del Rito dell'Aurora cantato anticamente a Minas Thirit, e più recentemente alcuni frammenti dell'ann-thennath di Beren e Lúthien.
Nel frattempo si specializza nell'utilizzo di tecnologia elfica (in particolare Apple Macintosh®) che gli sarà di grande aiuto nella sua opera, permettendogli sia di arrangiarla e produrla senza l'utilizzo di costose orchestre, sia di metterne a disposizione alcuni esempi sulla Grande Rete all'indirizzo http://www.evkmusic.com/ltr/ltrindex.html
1 "All that is gold does not glitter, |
“Non tutto quel ch’è oro brilla, |
2 J.R.R Tolkien, Sulle fiabe, Pag. 7, da Albero e Foglia, Rusconi, Milano 1976
3 "La mente che pensò leggero, pesante, [...] concepì anche la magia atta a rendere cose pesanti leggere e atte a volare [...] possiamo far germogliare boschi di argentee foglie e far indossare agli arieti velli d'oro, possiamo mettere fuoco caldo nel gelido ventre di un drago. Ma tali «fantasie», come si usa chiamarle, sono la matrice di nuove forme; ha inizio Feeria, l'uomo diviene un subcreatore."
J.R.R Tolkien, Sulle fiabe, Op. Cit. pp. 29-30
4 "Riguardo al significato profondo, o al “messaggio”, nell’intenzione dell’autore non ne ha alcuno. Non è allegorico né fa riferimento all’attualità. La storia, crescendo, ha messo radici (giù nel passato) ed ha prodotto rami inaspettati: il suo tema principale però è stato imposto fin dall’inizio dall’inevitabile scelta dell’Anello quale legame con Lo Hobbit. [...] Altre soluzioni possono essere trovate in accordo con i gusti di quelli che amano l’allegoria o il riferimento all’attualità. Io però detesto cordialmente l’allegoria in tutte le sue manifestazioni, e l’ho sempre detestata da quando sono diventato abbastanza vecchio ed attento da scoprirne la presenza. Preferisco di gran lunga la storia, vera o finta che sia, con la sua svariata applicabilità al pensiero ed all’esperienza dei lettori. Penso che molti confondano “applicabilità” con “allegoria”; l’una però risiede nella libertà del lettore, e l’altra nell’intenzionale imposizione dello scrittore."
J.R.R Tolkien, Foreword to The Lord of the Ringsi, pp. 6-7, George Allen & Unwin, Great Britain, 1984
5 Da notare che la problematica della distinzione fra "realistico" o meno è spesso fonte di fraintendimenti e atteggiamenti scorretti rispetto a un racconto o un film. Nel saggio citato lo stesso Tolkien è illuminante, parlando della sua esperienza di bambino nei confronti delle fiabe: "Io non avevo alcun particolare «desiderio di credere». Volevo sapere [...] Ma non mi ricordo che il godimento di una narrazione sia mai stato legato alla credenza che cose del genere potessero accadere o fossero davvero accadute nella «vita reale»." (pp. 51-52) J.R.R Tolkien, Sulle fiabe, Op. Cit. pp. 14-15
6 Mario Polia, Omaggio a J.R.R. Tolkien - Fantasia e tradizione, Edizioni il Cerchio, Rimini 1980
L'autore, dopo un'analisi delle radici del successo di Tolkien come scrittore che ripropone gli archetipi del Mito e del Simbolo in una società impoverita dal razionalismo e dal materialismo evidenzia, attraverso un excursus in tutte le tradizioni mitologiche (Vedica, Cinese, Greca, Islamica, Egiziana, Maya ed altre ancora) i numerosi e profondi punti di contatto con le fasi cosmogoniche descritte nell'Ainulindale e nel Valaquenta, le basi mitiche dell’epica Tolkieniana:
1) La manifestazione delle Potenze dalle profondità della mente dell'Uno e la creazione delle forme mediante il canto congiunto delle potenze.
2) La visione delle forme create.
3) La solidificazione o materializzazione delle forme: la nascita del mondo sensibile e la discesa in esso degli dei”.
Vedere anche Mario Polia, Creatore di Mondi - Tolkien e la cosmogonia, da Autori Vari, L’Anello e il Potere – J.R.R. Tolkien creatore di mondi, Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini 2002
7 Adolfo Morganti, Tolkien Medioevalista, da: Autori Vari, J.R.R. Tolkien Creatore di Mondi, Op. Cit.
8 Humprey Carpenter, La vita di J.R.R Tolkien, pp. 80 e seguenti, Edizioni Ares, Milano 1991
9 "Di conseguenza una semplice pietra grigia di granito della Cornovaglia, sulla sinistra, spicca tra le altre, perché vi sono incise soltanto poche e singolari parole:
Edith Mary Tolkien, Lúthien, 1889-1971. John Ronald Reuel Tolkien, Beren, 1892-1973."
Citazione dalla leggenda di Beren, uomo mortale, e Luthien, fanciulla elfica di cui si innamorò ricambiato, insieme alla quale riuscì a strappare uno dei Silmaril dalla corona di Morgoth, signore del male, di cui Sauron non era che un servitore. Tratta da "Il Silmarillion", ovvero il nucleo centrale del corpus di miti e leggende cui Tolkien lavorò per tutta la vita e che funge da "base storica" per il Signore degli Anelli.
Humprey Carpenter, Op. Cit. pp. 361-362
Cfr. anche J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, A cura di Christoper Tolkien Pag. 234, Rusconi, Milano 1978
10 J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza - Lettere 1914 - 1973, pag. 165, a cura di Humprey Carpenter e Christoper Tolkien, Rusconi, Milano 1990
11 "Passato nel 1913 definitivamente alla English School, abbandonando quindi gli studi classici, Tolkien iniziò a confrontarsi regolarmente con numerosi testi antichi che avrebbero potentemente influenzato la sua posteriore creazione letteraria, sia in antico inglese (come il Crist di Cynewulf, in cui scoprì il termine Eärendel, che provocò in lui «un curioso fremito come se qualcosa in me si fosse mosso, risvegliato per metà dal sonno», e che gli ispirò il primo poemetto propriamente riferentesi al suo progetto, ancora allo stato embrionale, relativo alla creazione di una nuova mitologia) che in antico norvegese, la sua lingua specialistica (come le due Edda, quella in prosa di Snorri Sturloson e quella, anonima, cosiddetta «poetica»."
Adolfo Morganti, Tolkien Medioevalista, Op. Cit. Pag. 63
12 J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, Op.Cit. Pag.11
13 Mario Polia, Op. Cit. pp. 49-50
- Epoca primordiale: «Oceano», o «Acque Primordiali»: «Acqua», «Parola», «Suono», «Sposa» o «Femmina Cosmica» o «Madre», sono equivalenze simboliche ad indicare l'Energia creatice. Soffio o «Pneuma» oscuro, inaudibile ed invisibile. Materia acustica indistinta. La notte cosmica. Il sonno. Il mondo degli spiriti primordiali.
- Epoca intermedia: Il «Sole» primordiale. Il «canto» a piena voce degli dei. Ritmo luminoso - luce sonora radiante. manifestazione di materie sottilissime e diafane. L'alba. Il sogno. Il mondo delle anime, mondo delle forme sottili delle cose.
- Epoca attuale: La Terra. Consolidamento dei ritmi. Manifestazione delle forme materiali di sostanza corporea compatta. Il giorno. La veglia. Il mondo dei corpi.
14 La registrazione dell'intervento di Mario Polia è disponibile sul Web
15 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. Pag. 111
16 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. Pag. 212
17 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. Pp. 251-252
18 Illuminante a tale proposito l'analisi proposta da Stefano Giuliano nel suo saggio "Le Radici non Gelano", come tappa fondamentale di interruzione e ristoro all'interno del vaggio iniziatico intrapreso dagli Hobbit (insieme a Granburrone e Lothlórien)
Stefano Giuliano, Le Radici non Gelano, Il conflitto fra tradizione e modernità in Tolkien pp. 101-105, Edizioni Ripostes, Salerno 2001
19 Un discorso approfondito sui bambini e sul loro rapporto con le fiabe è contenuto nel già citato saggio "Sulla Fiaba", dove un intero capitolo vi è dedicato. Tolkien non vede un nesso essenziale fra i bambini e le fiabe, frutto piuttosto di un equivoco nato in tempi recenti, un errore "comesso sopratutto da chi, per qualsivoglia motivo personale (come ad esempio la mancanza di figli), tende a considerare i bambini quali esseri di specie a sé stante, quasi una razza diversa, anziché quali membri normali, ancorché immaturi, di una famiglia particolare e della famiglia umana in generale" (pag. 44) concludendo poi "Sempre che valga la pena di leggere la fiaba come genere, essa merita di essere scritta per e letta da adulti, i quali naturalmente vi metteranno e ne ricaveranno più di quanto non possano i bambini. Allora, trattandosi di una forma d'arte degna di questo nome, i bambini potranno sperare di avere fiabe atte a essere lette e insieme a loro misura [...]" (pag. 58)
J.R.R Tolkien, Sulle Fiabe, Op. Cit.
20 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 171
21 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 172
22 "La fantasia è una naturale attività umana, la quale certamente non distrugge e neppure reca offesa alla Ragione, né smussa l'appetito per la verità scientifica, di cui non ottunde la percezione. Al contrario: più acuta e chiara è la ragione, e miglori fantasie produrrà. Se mai gli uomini si trovassero in condizioni tali da non voler conoscere o da non poter percepire la verità (fatti o testimonianze), allora la Fantasia languirebbe finché essi non guarissero. E, se mai arrivassero a quello stato (e non sembra del tutto impossibile), la Fantasia perirebbe e diverrebbe Morbosa Illusione",
J.R.R Tolkien, Sulle Fiabe, Op. Cit. pag. 69
23 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 192
24 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 1.150
25 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 1.011
26 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 1.014å
27 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 707-708
28 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 297-298
29 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pag. 429
30 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 393-394
31 J.R.R Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 903-904
32 E’ un file compresso e occupa circa 3,4 MB; per decomprimerlo utilizzare il software shareware Winzip oppure il gratuito Stufflit Expander
33 J.R.R Tolkien, Sulle Fiabe, Op. Cit. pag. 71
34 Le numerose contaminazioni stilistiche fra classico e contemporaneo, fra musica tonale e atonale presenti nelle colonne sonore cinematografiche hanno spesso contribuito a un riavvicinamento del grande pubblico alle sperimentazioni della musica colta, ponendole in un loro contesto di grande tensione drammatica: basti pensare alla splendida colonna sonora del film di Steven Spielberg "Incontri ravvicinati del Terzo Tipo" composta da John Williams.
Music form John Williams "Close Encounters" and "Star Wars", National Philarmonic Orchestra diretta da Charles Gerhardt, Compact Disc RCA RCD 13650
35 J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Op. Cit. pp. 859-860
36 J.R.R. Tolkien, La Realtà in Trasparenza, Op. Cit. pag. 165
37 Fabio Uccelli, Fisico, Musicista e Musicologo, è Professore Associato presso il Dipartimento di Energetica dell'Università di Pisa e Consigliere di Amministrazione della Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino. Fondamentale nel panorama musicologico moderno il suo testo Il Commiato di Anton Dvorak, presentato durante diversi concerti della grande violoncellista Christine Walevska.
38 Fabio Uccelli, La Musica all'Origine della Conoscenza Umana, Edizioni Plus - Università di Pisa, 2003. Il libro è acquistabile online a partire dalla pagina web: http://www.edizioniplus.it
39 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.
40 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.
41 Da questa pagina Web è possibile scaricare alcuni brevi passaggi da "Festa in Casa Baggins" e da altri brani del mio ciclo musicale. Inoltre sul negozio di Tolkieniana Net è possibile ascoltare in anteprima il primo minuto di Festa in Casa Baggins eseguita dalla Sinfonica Tolkieniana, oltre ad altri brani di Alessandro Ferrari e dei Lingalad.
Le registrazioni complete sono acquistabili a un dollaro l'una.
42 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.
43 Fabio Uccelli, Op. Cit. pag.
44 Immagine scaricata dalla pagina Web: http://digilander.libero.it/maxide/varie/frattali/
45 Nell’edizione curata dall’Istaro e Filologo Prof. John Ronald Reuel Tolkien
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